7.5
- Band: THE ACACIA STRAIN
- Durata: 00:43:22
- Disponibile dal: 24/07/2020
- Etichetta:
- Rise Records
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Da febbraio 2020, senza nemmeno aspettare qualche mese da “It Comes In Waves”, i The Acacia Strain hanno cominciato a pubblicare misteriosi sette pollici titolati con una lettera: “D”, “E”, “C”, “A”. Pubblicando “Y” il gruppo ha confermato che l’ottavo album in studio “Slow Decay” sarebbe arrivato a luglio su Rise Records: un disco che avrebbe raccolto i precedenti EP con due tracce inedite. Da sempre un gruppo che parla poco e lascia spazio ai fatti, stavolta i TAS hanno davvero sorpreso sia per la continuità con cui sono in grado di esprimersi sia per la sostanza: un metalcore che rifugge ogni significato ruffiano del termine escludendo (quasi) ogni melodia vocale, con importanti influenze death (“Chhinnamasta”, “One Thousand Painful Stings”) e una spinta concreta verso territori doom e sludge – e da questo punto di vista “Feed a Pigeon, Breed a Rat” e “Birds of Paradise, Birds of Prey” non sembrano nemmeno pezzi del loro catalogo. La maturità del songwriting e la sofisticata ignoranza riescono a non essere stagnanti anche per le ospitate di Aaron Heard (Jesus Piece) e Jess Nyx (Mortality Rate). Il monotono growl gutturale di Vincent Bennet, che si fa apprezzare per i testi brutali e l’attitudine senza compromessi più che per l’effettivo contributo vocale, si scontra in un contrasto interessante con il contributo di Courtney LaPlante degli Iwrestledabearonce, utilizzando uno dei rarissimi momenti melodici a cui la band si può associare in discografia. Per il resto ci si affida ai dissonanti riff ad otto corde che hanno caratterizzato il sound del gruppo dalla dipartita del chitarrista originale DL, ovviamente senza in alcun modo ferire gli storici sostenitori, che troveranno pane per i loro denti. Qualità e quantità: chi riesce davvero a fare tanto?