7.5
- Band: THE AGONIST
- Durata: 00:58:47
- Disponibile dal: 23/02/2015
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Universal
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I canadesi The Agonist sono giunti, senza dubbi di sorta, ad un punto cruciale della loro carriera: il quarto lavoro in studio sulla lunga distanza, “Eye Of Providence”, è il primo senza al microfono la punta (blu) di diamante Alissa White-Gluz, approdata felicemente sul ponte della portaerei Arch Enemy in sostituzione della pensionanda Angela Gossow. Attraverso questo canto-mercato tutto al femminile, la band nativa di Montreal pareva, in partenza, destinata ad una brutta fine: fin qui autrice di un trio di lavori piacevole ma mai entusiasmante e dominata dalla personalità e dalla fisicità della sua frontgirl originale, la compagine d’Oltreoceano poteva benissimo perdersi nel nulla del dopo-Alissa, oppure peggio, piombare nell’indifferenza generale se solo avesse sbagliato la mossa successiva; mai presa in considerazione l’idea di sciogliersi e accantonata subito quella del male vocalist, restava solo l’alternativa di trovare una sostituta adatta, poi scovata in rete e presentata al metal-biz nella persona di Vicky Psarakis, un’americana di origine greca che pubblicava su YouTube cover di pezzi famosi (!). Una scelta pressoché amatoriale, insomma, che ha infarcito di ulteriori dubbi il futuro nebbioso dei The Agonist. Ora, terminata questa tediosa pappardella, giungiamo ad “Eye Of Providence”, quasi a sorpresa etichettabile come il miglior disco composto dalla band finora. Impensabile, vero? Ebbene sì. Già nel precedente “Prisoners”, Danny Marino e compagni avevano limato parecchio le abbondanze stilistiche che caratterizzavano il sound del gruppo, troppo pieno di idee e soluzioni che spesso generavano soltanto confusione e poco più. Quindi, ecco il nuovo album ulteriormente snellito e reso più diretto, più accessibile e fruibile, senza del resto rinunciare a delle strutture comunque complesse e arzigogolate, ormai marchio di fabbrica di un’entità che mastica death-core, metal-core, classic metal e thrash con tutti i crismi, cercando poi, tramite l’imperversante utilizzo della voce pulita femminile, di dare quel quid accattivante che, ad esempio, potrebbe far gustare i The Agonist anche ad ascoltatori abituati a sonorità ben più tranquille. Vicky Psarakis, poi. La Psarakis ci piace, lo ammettiamo. Detto di uno scream e di un growl ad ampio spettro e convincenti – anche se, insomma, tra Gossow, White-Gluz e Psarakis siamo sempre lì: uno scream forzato, tirato allo stremo e catarrale, un po’ sempre uguale – ciò che fa alzare il pollice all’insù per la biondina sono l’ottimo timbro classic-power che in molti brani è chiamata a sfoggiare e un’espressività quasi Dickinsoniana che ammalia, togliendo spazio alle sezioni lirico-gotiche che erano più nelle corde della White-Gluz. E oltretutto, mentre la tendenza precedente dei The Agonist era quella di abbondare con millemila linee vocali per pezzo, in “Eye Of Providence” tutto è più ridimensionato, come se la band si fosse di colpo ravveduta, placata e messa a tavolino per ripartire non da zero, ma dalle cose ‘semplici’ e sicure. La tracklist è corposa, il disco (troppo) lungo e un paio di filler sicuramente ci sono, ma in definitiva le tredici tracce scorrono via piuttosto in scioltezza, lanciando nella prima parte tutte le frecce forsennate e aggressive e riservando per il finale gli episodi più pacati, quali ad esempio “A Gentle Disease”, ballata acustica chiusa da un assolo di basso molto azzeccato, e la lunga chiosa progressiva “As Above, So Below”. E’ però in tracce più immediate che i ‘nuovi’ The Agonist si fanno maggiormente valere: “Faceless Messenger”, dal chorus incisivo; il singolo “Disconnect Me”; la più groovy e moderna “Danse Macabre”, dall’impatto devastante. E allora finalmente, al quarto tentativo, i Nostri canadesi ci convincono per bene, meritandosi più del solito sette pieno d’ordinanza. Avanti così!