6.5
- Band: THE AGONIST
- Durata: 00:53:16
- Disponibile dal: 30/09/2016
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
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Il quintetto canadese ha da sempre galleggiato tra la media e alta classifica per quanto concerne la bontà della propria proposta, avendo i Nostri il principale cruccio di aver sempre mancato di costanza. Dopo l’abbandono dell’enfant prodige Alissa White-Gluz due anni or sono per gli Arch Enemy, e tutto l’hype da questo generato, i canadesi si sono trovati, tutto d’un tratto, i riflettori puntati addosso, ma hanno saputo comportarsi al meglio e gestire la pressione. La grintosa Vicky Psarakis si è adagiata da tempo nel ruolo di nuova frontwoman del combo nordamericano, coadiuvata da un’ottima presenza scenica e da delle oggettive qualità vocali una spanna superiori a quanto si possa trovare generalmente sul mercato, soprattutto grazie alla propria versatilità sul pulito. Il precedente lavoro in studio “Eye Of Providence” aveva convinto e straconvinto, facendo vedere una band molto coesa e capace di esplorare efficacemente lidi diversi dal solito death melodico pieno di divagazioni molto spesso prolisse del periodo White-Gluz, dove la nuova arrivata è riuscita fin da subito a prendere in mano le redini del carrozzone, dimostrando di essere ben più di una degna sostituta. Oggi, i ragazzi, dopo aver mollato il colosso Century per la Napalm, sembrano aver deciso di virare verso coordinate ancora più distanti dal recente passato, andando a sfornare un disco decisamente di transizione, caratterizzato da episodi ben riusciti ed altri meno, ma che siamo sicuri potrà lasciare interdetta una discreta fetta di fan. Questa quinta fatica in studio dei canadesi non inizia proprio sotto i migliori auspici dato il pezzo “This Moment” posto in apertura, midtempo piuttosto fiacco che ruota attorno ad un ritornello decisamente poco ispirato, il quale ci fa un po’ storcere il naso. Fortunatemente, i Nostri alzano il tiro con il trittico successivo “The Chain”, “The Anchor And The Sail” e “The Game”, tracce dove la band mescola finalmente in maniera efficace il melodeath con l’heavy classico, architettando delle buone trame e e riuscendo a ficcarsi nella testa dell’ascoltatore grazie a dei ritornelli di gran livello, trascinate dall’ormai notoria ugola della greca. La successiva “The Ocean” strizza l’occhio all’alternative rock più radiofonico, lasciando poco nel cuore dell’ascoltatore, mentre “The Hunt” svolge ottimamente il compito di singolo, ma rimane comunque lungi dall’essere memorabile. Notiamo come i The Agonist ’16 non abbiano perso l’affezione per le ballad, dato che in questo lavoro ne troviamo altre due, come sempre ad alto tasso di emotività (“The Raven’s Eyes e “The Man Who Fell To Heart”) le quali non risultano affatto malvagie nonostante l’abuso della formula, e in chiusura addirittura una cover della hit “Take Me To Church” dell’artista Hozier, giovanotto irlandese bello e dannato che fece parlare di se qualche anno fa. Nonostante tutto, per i vecchi fan c’è da stare sereni dato che il quintetto non ha scordato come andare veloce e pestare duro: ne sono prova pezzi quali “The Resurrection” e “The Villain”, facenti capolino nella seconda parte della tracklist, che sapranno farvi scapocciare a dovere. In generale, abbiamo notato come la band sembra aver in qualche modo limato sensibilmente gli artigli, cercando di esplorare il proprio lato più alt-rock rispetto a quello metal. Lo si nota anche e soprattutto dalla produzione, molto più soft, di questo disco, principalmente per quanto concerne il comparto ritmico e le chitarre, che vengono in più di un’occasione ‘mortificate’ per mettere in risalto la cara Vicky. Come preannunciato in apertura, classico disco di transizione questo per i The Agonist, che sembrano mutare forma, lentamente ma inesorabilmente, di lavoro in lavoro, ma che si classifica qualche metro indietro rispetto a quanto fatto vedere nel 2015.