7.0
- Band: THE AMENTA
- Durata: 00:45:35
- Disponibile dal: 22/03/2013
- Etichetta:
- Listenable Records
- Distributore: Audioglobe
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Ogni album degli australiani The Amenta riserva sempre qualche spunto interessante e merita più di un ascolto approfondito. L’ultimo “Flesh Is Heir” non fa certo eccezione in tal senso e ci dimostra che la band gode di uno stato di forma invidiabile, forgiato da numerosi tour di supporto a realtà importanti del metal estremo quali Samael, Obituary e Deicide tra le altre. L’ultimo full length del combo risale addirittura al 2008, poi sono arrivati un paio di EP contenenti parecchi remix in chiave elettronica; Il terzo album dei ragazzi di Sidney tiene ampio conto della componente elettro, miscelandola con discreta maestria ad un death black industriale ed oscuro. Il risultato finale potrebbe ricordare un mix tra i già citati Samael e i Red Harvest, senza dimenticare un amore per l’estremo che da sempre ha come punti di riferimento Zyklon e Thorns. Ad essere sinceri non c’é stato quel grande balzo in avanti che ci si sarebbe potuti aspettare, ma la qualità della musica contenuta nel platter rimane piuttosto alta, come da abitudine. La prima sostanziale differenza rispetto al passato é data da una produzione meno aliena e più concreta, più pesante, che mette in risalto la mostruosa oscurità del sound generato soprattutto dalla chitarra di Eric Miehs e dal programming eccellente di Timothy Pope. Tutto sommato “Flesh Is Heir” non é un lavoro complesso o progressivo, ma vive su di un dualismo tra la più cupa disperazione ed una violenza ritmica generata dalla coppia Dan Quinlan (basso) e Robin Stone (batteria), arrivata nel 2009 e già rodata alla perfezione. La tendenza dei vari brani é quella di assomigliarsi fin troppo tra di loro come struttura; più o meno tutte le composizioni alternano ritmi forsennati e tellurici a rallentamenti molto pesanti, rischiando così di annoiare l’ascoltatore meno attento. Fortunatamente i buoni spunti elettronici riescono a diversificare il tutto, passando con una certa disinvoltura da momenti powerviolence ad altri electro industrial. In questo calderone nero come la pece spicca senza dubbio un brano quale “The Argument”, che al proprio interno vive di terremotanti break death grind ai quali fanno da contraltare partiture maggiormente ariose e quasi melodiche, sopra le quali anche la voce di Cain Cressal si ingentilisce appena. Segnaliamo anche la presenza di due brevi tracce strumentali e composte praticamente solo con i sample ed il programming, ovverosia “A Womb Tone” e “A Palimpesest”. La palma del brano migliore va comunque a “Cell” – anch’essa strumentale – grazie alla propria struttura a cavallo tra il lounge ed il trip hop, sopra alla quali i Nostri sono bravi ad imbastire atmosfere malate senza eccedere in brutalità. Ancora una volta quindi dobbiamo plaudire ai The Amenta che, pur non possedendo la classe dei Samael o la morbosità dei Red Harvest riescono comunque a pubblicare musica di livello superiore alla media. E ora sotto con un altro tour.