8.0
- Band: THE AMENTA
- Durata: 00:45:39
- Disponibile dal: 19/02/2021
- Etichetta:
- Debemur Morti
- Distributore: Audioglobe
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C’era una certa attesa per l’uscita, a ben otto anni di distanza, del nuovo album dei The Amenta. Attesa di riabbracciare una formazione vista così tante volte sul palco a supporto di pilastri come Deicide, Obituary o Vader, attesa per la firma con una delle label underground più rinomate del momento (la Debemur Morti) e – soprattutto – attesa di capire l’evoluzione del suono dei Nostri in questo lungo lasso di tempo. Ci si poteva aspettare di tutto, anche a fronte della tensione sperimentale da sempre insita nelle trame del progetto, e così è stato. Fin dal titolo, “Revelator” si presenta infatti come la classica opera spartiacque nella carriera della band di Sidney; un cuore impiantato in un organismo sintetico volto ad espandere le proprie ambizioni e le proprie capacità, il cui pulsare apparentemente facile da seguire svela con il passare dei minuti un ordito musicale minuziosissimo e dalle molteplici sfaccettature.
Le influenze di una vita (Zyklon, Satyricon di “Rebel Extravaganza”, Samael, Red Harvest, ecc.) sono ancora ovviamente presenti e distinguibili nel flusso plumbeo della tracklist, ma riassemblate secondo un gusto e una personalità che i precedenti “Flesh is Heir” o “n0n” esprimevano soltanto a tratti, risultando parimenti aggressive, disturbanti e ‘orecchiabili’, grazie al generale snellimento delle strutture e ad istanze groovy in grado persino di evocare lo spettro dei Nine Inch Nails (si ascolti, a tal proposito, il singolo “Sere Money). Semplificazione non diventa ad ogni modo sinonimo di banalità o di facili vie di fuga; i brani risultano sì più digeribili e scorrevoli rispetto al passato, ma come già accennato è sufficiente dedicare loro il giusto tempo per accorgersi di come, racchiusi da una produzione eccellente a cura del chitarrista Erik Mihes e di Maor Appelbaum (Goatwhore, Inquisition, Sepultura), si celino filigrane, giochi di pieno/vuoto e arrangiamenti che confermano lo stato di grazia della scrittura, fra chitarre intente a percorrere uno spettro sonoro ampio e cangiante, saliscendi ritmici che attribuiscono un profondo senso di narrazione ai brani e un’effettistica puntuale e penetrante.
A legare il tutto, una performance al microfono lungi dall’assestarsi su precise coordinate espressive e frutto di un malessere – quello del frontman Cain Cressall – mai così tangibile e determinante nell’economia della tracklist, la cui varietà si presenta senza dubbio come il primo biglietto da visita dei The Amenta 2021. Una musica che non è puramente black, death o industrial, ma che nella sua penombra fumosa risulta in egual misura fredda, pesante e viscerale. Un ritorno sentito e ponderato, che sancisce una volta per tutte le qualità della band australiana all’interno dello scenario extreme metal contemporaneo.