5.5
- Band: THE AMITY AFFLICTION
- Durata: 00:44:47
- Disponibile dal: 08/12/2016
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Warner Bros
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La carriera degli australiani The Amity Affliction, specialmente dopo la firma per la Roadrunner, è andata finora sempre in crescendo, con due album di fila ai vertici ARIA chart e, soprattutto, l’ingresso nella Top 30 di Billboard con l’ultimo “Let The Ocean Take Me”. Questo “This Could Be Heartbreak”, quinto album in otto anni, era dunque atteso come il disco della consacrazione per il quartetto di Gympie, anche se l’uscita di scena del chitarrista Troy Brady – esiliatosi per le classiche divergenze artistiche, lasciando di fatto il timone alla coppia Birch / Stringer, con quest’ultimo rimasto come unuico membro fondatore – poteva destare qualche preoccupazione. Aggiungiamoci un cover artwork funereo – a metà strada tra lo humor nero dei Sentenced e una band emo di terza categoria, anche se il tema della morte era già stato rappresentato su “Chasing Ghosts” – e l’assenza dalla tracklist dell’ultimo singolo (“Shine On”), ed ecco spiegato qualche dubbio. Dall’occhio all’orecchio, i timori di un ammorbidimento del sound trovano subito conferma nella doppietta d’apertura, “I Bring The Weather With Me” e la title track, con la sempre più massiccia presenza di clean vocals (ora distribuite tra bassista e singer) e l’ago della bilancia ritmica in virata dal metalcore allo screamo. Appurata la virata stilistica, ammettiamo di aver apprezzato maggiornmente “Nightmare” e “Tearing Me Apart”, in grado quanto meno di rinverdire i fasti passati di Silverstein e Finch, mentre il picco glicemico viene raggiunto a metà della tracklist con “O.M.G.I.M.Y” – terrificante acronimo per un pezzo che non avrebbe sfigurato su un disco degli Asking Alexandria, il che non necessariamente è un complimento… – e l’acustica “All Fucked Up”, canzone prettamente pop a dispetto del titolo. Proprio quando le nostre orecchie erano sul punto di richiedere una dose d’insulina per contrastare l’eccesso di glucosio, il lato B aumenta la dose di testosterone con le varie “Fight My Regret”, “Wishbone” e “Blood In My Mouth”: brani non trascendentali, ma che hanno almeno il merito di riequilibrare il peso specifico delle componenti emo e core (con un massiccio uso dei breakdown), avvicinandosi maggiormente agli ultimi lavori. Nell’insieme, comunque, “This Could Be Heartbreak” segna un deciso passo indietro per The Amity Affliction: non sappiamo se la svolta stilistica sia dovuta ai cambi di line-up o al tentativo di guadagnare posizioni oltreoceano, ma chi scrive preferisce ricordarli sulle note di “Pittsburgh” o “Don’t Lean On Me”.