7.0
- Band: THE BLACK DAHLIA MURDER
- Durata: 00:33:16
- Disponibile dal: 06/10/2017
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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Con i The Black Dahlia Murder l’orologio musicale torna sempre indietro nel tempo e, di conseguenza, non è mai possibile rintracciare alcuna concessione a novità o profumi ‘moderni’. Anno dopo anno, disco dopo disco, la ricetta non cambia, assestandosi regolarmente su ingredienti ormai ampiamente metabolizzati dalla formazione. Fedelissimi ai dettami dei loro modelli, gli statunitensi ancora una volta spaziano dalla devozione assoluta per gli At The Gates a quella per i Carcass di “Heartwork”, passando per la genuflessione all’altare della storica scena death-black svedese. “Nightbringers” segue con estrema puntualità il buon “Abysmal”, pubblicato esattamente due anni fa, e diventa l’ottavo full-length della determinatissima melodic death metal band di Detroit. Partiamo da una certezza, ovvero che la qualità del suono è da sempre un marchio di fabbrica per il quintetto: grazie alla meticolosità della produzione, si può riconoscere una canzone dei The Black Dahlia Murder nel giro di pochi secondi. Un altro punto fermo è quindi rappresentato dall’interpretazione di Trevor Strnad, le cui linee vocali sono come al solito sospese fra screaming e growling; un’alternanza inamovibile, vero marchio di fabbrica di una proposta che, a distanza di ormai quindici anni dall’esordio, continua ad evocare lo spirito di una gioventù americana a quel tempo annoiata dal trend nu/crossover e priva di grandi punti di riferimento sul suolo nazionale. Al solito, i ragazzi riescono a portare su disco tutta la loro passione per certe vecchie sonorità extreme metal di stampo europeo e ancora una volta lo fanno con esiti convincenti, sebbene mai davvero miracolosi. I riff si susseguono infatti in maniera frenetica, ma in qualche caso mancano di nerbo; il fragore di certe ritmiche indiavolate e il tecnicismo ostentato nel guitar-work a tratti soffocano i motivi più orecchiabili e certi brani faticano ad emergere e ad imporsi realmente all’attenzione dell’ascoltatore. Si tratta di pecche ormai note in casa The Black Dahlia Murder: il gruppo appare sempre in preda ad un fervore innato, spesso si dimentica di rallentare e/o di ragionare e, così facendo, le trame a volte finiscono per risultare un po’ troppo fragili a livello di caratterizzazione. Generalmente, la riuscita dei brani è più lampante quando il ritmo è un filo meno martellante o quando i ritornelli godono di maggiore respiro, vedi vecchie hit come “A Vulgar Picture”, “Raped in Hatred by Vines of Thorn” o “That Cannot Die Which Eternally Is Dead” – oppure come la pimpante title track di questo nuovo album. Comunque, vista anche la sua apprezzabile concisione, non è il caso di sostenere che “Nightbringers” sia una prova scadente: tra una “Widowmaker” e una “Matriarch”, il quintetto non manca di esprimere impegno caparbio e devozione alla causa, per un altro “more of the same” che non sorprenderà nessuno, ma che probabilmente lascerà tutti i die-hard fan soddisfatti per l’ennesima volta.