THE BLACK DAHLIA MURDER – Servitude

Pubblicato il 23/09/2024 da
voto
6.5

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Dopo la tragica scomparsa di Trevor Strnad, i The Black Dahlia Murder si sono trovati a un bivio. La perdita del carismatico frontman, una figura centrale nella band e nell’intera scena melodic death metal contemporanea, ha lasciato un vuoto che sembrava impossibile da colmare. Tuttavia, come ormai noto, il gruppo ha scelto di non fermarsi, decidendo di fare necessità virtù e di andare avanti con una formazione rinnovata dall’interno. Brian Eschbach, chitarrista e membro fondatore, ha preso su di sé il compito di sostituire Strnad alla voce, una scelta che ha immediatamente suscitato curiosità e aspettative tra i fan. I primi tour con la nuova formazione sostenuti in tempi recenti hanno mostrato come l’ormai ex chitarrista non abbia la presenza scenica del compianto cantante, ma sia comunque dotato di un timbro non troppo distante da quello del suo compianto amico, e che sia quindi in grado di replicarne le metriche e l’interpretazione anche sul vecchio repertorio. Del resto, parliamo di colui che sin qui ha composto il 90% della musica del gruppo, quindi risulta quasi scontato che partendo da queste basi il musicista sappia come approcciare anche le linee vocali della sua creatura.
Ora, con “Servitude”, la band presenta al mondo il primo disco di questa nuova era, un lavoro che rappresenta sia un tributo che un atto di perseveranza, un’opera che prova a mantenere vivo il fuoco che ha sempre animato il gruppo statunitense, anche in un contesto emotivamente difficile.
Musicalmente, “Servitude” non sembra comunque risentire troppo della tragedia che la band ha vissuto: non c’è traccia di un cambio di rotta stilistico né di un approccio più dolente. L’album rimane in effetti ancorato a quello che è da sempre il marchio di fabbrica dei The Black Dahlia Murder: un melodic death metal in stile “fast & furious”, rapido e spesso estremamente tecnico.
Come al solito, certi episodi della tracklist colpiscono subito – vedi “Aftermath”, le più composte “Cursed Creator” e “Transcosmic Blueprint” o la brutale title-track, dall’indole maggiormente death-thrash – tuttavia, “Servitude” presenta ogni tanto anche i difetti ‘storici’ del songwriting della band. Anche in questo album, i The Black Dahlia Murder a volte si perdono infatti in alcune composizioni che, pur essendo spesso molto compatte nella durata, sembrano rivolte più a cosiddetti guitar hero o cultori delle acrobazie tecniche che a ‘normali’ ascoltatori che da un genere come questo richiedono in primis riff e melodie in grado di farsi ricordare. Vi sarà un motivo se chiunque sia subito in grado di canticchiare i temi di una “Blinded By Fear” o di una “This Mortal Coil”, mentre per certi brani di Eschbach e compagni fare lo stesso sia a volte difficile.
Questo è una sorta di punto debole che la band si porta dietro da tempo, con il suo approccio forsennato che talvolta conduce a un marasma super virtuoso, senza però elementi che catturino realmente l’attenzione o che lascino un’impressione duratura. Come già avvenuto in altri capitoli, in alcuni momenti si sente insomma la mancanza di passaggi più groovy o lineari, che possano offrire un respiro e un appiglio tra le intricate sequenze di note e sotto l’intenso sbarramento vocale. È qualcosa che il quintetto ha saputo fare in passato – come in “Unhallowed”, “Miasma”, “Nocturnal” o nel più recente e robusto “Verminous” – ma che per qualche ragione non riesce sempre a replicare costantemente nella propria proposta musicale.
Detto ciò, la visione della band rimane chiara, così come risultano impeccabili l’interpretazione e la resa sonora complessiva: il disco suona molto bene e, anche nei passaggi meno memorabili, riesce comunque a trasmettere una sua idea di coerenza e solidità. Da non sottovalutare inoltre l’ottimo artwork firmato dal ‘nostro’ Paolo Girardi.
“Servitude” probabilmente non attirerà nuovi fan, ma consoliderà il legame con quelli di lunga data: questo è un album di cui la band aveva bisogno dopo la nota disgrazia, un tributo alla propria eredità e alla capacità di andare avanti nonostante tutto.

TRACKLIST

  1. Evening Ephemeral
  2. Panic Hysteric
  3. Aftermath
  4. Cursed Creator
  5. An Intermission
  6. Asserting Dominion
  7. Servitude
  8. Mammoth's Hand
  9. Transcosmic Blueprint
  10. Utopia Black
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