7.5
- Band: THE CROWN
- Durata: 00:45:45
- Disponibile dal: 12/03/2021
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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Il nome The Crown è sinonimo di autenticità e onestà intellettuale nel campo minato del death-thrash svedese. Sin dagli esordi, il gruppo si è sempre fatto segnalare per dischi di buona o eccellente fattura, spesso arroccati sulle pericolosa linea di confine fra codici underground e punk / rock’n’roll immersi nella pece. Classici quali “Hell is Here”, “Deathrace King” e “Crowned In Terror” ne sono irrefutabile testimonianza, ma, a ben vedere, è appunto difficile trovare nella discografia del quintetto scandinavo un’opera davvero scadente. Dopo una fase vagamente interlocutoria coincisa con un paio di album su Century Media Records, l’ultimo “Cobra Speed Venom” ha visto la band tornare su Metal Blade e rinverdire la propria anima più furente con risultati dignitosissimi, quindi non è un caso che il nuovo “Royal Destroyer” – composto e registrato dalla stessa formazione che ha inciso la prova precedente – insista su coordinate simili, configurandosi sin dal primo ascolto come l’ennesimo disco sanguigno della carriera di Magnus Olsfelt e compagni. Le radici dei The Crown, d’altronde, non possono certo cambiare dopo trent’anni di storia: il sound è infatti ancora conficcato nel terreno del death-black di matrice svedese e nel thrash di scuola Slayer, fertilizzato da maligne spore provenienti dal mondo punk rock. Rispetto al precedente lavoro, anche la struttura della tracklist appare tutto sommato simile, con pezzi semplici e dall’indole motorheadiana alternati a episodi più quadrati, spesso avviluppati in una struttura più complessa, il cui baricentro è dato sempre dall’avvicendarsi dei riff di chitarra, come se il quintetto, una volta dato sfogo al suo spirito più sguaiato, volesse spingersi oltre certi limiti e varcare la linea di confine del death-thrash più schietto. Nascono così brani della durata di sei minuti come “Let the Hammering Begin!” o “Ultra Faust”, che, con il batterista Henrik Axelsson sugli scudi, si dispiegano per tortuose evoluzioni e frequenti cambi di tempo lungo un nastro di ruvida e caustica rilevanza.
Proprio come “Cobra Speed Venom”, anche “Royal Destroyer” spara le proprie cartucce più letali all’inizio per poi calare di intensità e ispirazione nella seconda parte, tuttavia anche in questo caso non si può dire che l’urgenza dei The Crown abbia esaurito tutte le sue potenzialità espressive: la succitata “Let the Hammering Begin!” è sui livelli di una “Iron Crown” e di tante altre vecchie hit del repertorio, così come le varie “Motordeath” e “Beyond the Frail”.
Insomma, anche nel 2021 più di qualcosa ribolle con vitalità nel magma del gruppo svedese, fra sfuriate speed metal e le puntuali e sfiziose derive melodiche a cui ci hanno ormai abituato i chitarristi Marko Tervonen e Robin Sörqvist. “Royal Destroyer” è un disco che si ascrive alla tendenza più conservatrice del death-thrash, quella che si affida all’istinto e alla tradizione più stoica per il timore di inquinarsi e perdere la propria identità. Non potrà vantare alcun effetto sorpresa, ma tanti headbanger gradiranno sin dai primi secondi dell’opener “Baptized in Violence”.