7.5
- Band: THE CULT
- Durata: 00:40:59
- Disponibile dal: 28/09/2007
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Warner Bros
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Spezzando un digiuno di sei anni, i The Cult irrompono sulle scene con un disco nuovo di zecca, confezionato dalla sempre attenta Roadrunner Records, abile nel garantirsi le prestazioni di un gruppo storico che ha scritto pagine importanti del rock e, a giudicare dall’attuale vena creativa, che appare ancora in ottima forma. “Born Into This” riparte da dove il precedente “Beyond Good And Evil” ci aveva lasciato, con un rock di matrice seventies, mirato all’impatto immediato, che mostra i muscoli con il basso pulsante di Chris Wyse ad ammodernare il sound e conla novità John Tempesta (Testament) a picchiare dietro le pelli. Poi ci sono sempre loro due, l’anima e il cuore della band, ovvero Ian Astbury che ringhia al microfono con la sua inconfondibile timbrica un po’ afona e Billy Duffy, essenziale e preciso nel ricamare preziose melodie e ruvidi riff heavy rock. Le canzoni dell’ottavo capitolo in studio appaiono compatte ed incisive, globalmente ispirate evitando accuratamente cali di tensione e regalando una manciata di brani di alto livello. La partenza è subito col botto, con il grintoso uno-due inferto dalla titletrack e da “Citizens”, entrambe ispirate da ritornelli sopra le righe; la successiva “Diamonds” risulta piacevole ma tutto sommato nella media, mentre a spiccare il volo ci pensa il primo singolo “Dirty Little Rockstar”, assolutamente irresistibile nel chorus ruffiano. Dopo la parentesi riflessiva, che recupera gli elementi dark degli esordi, affidata all’intensa “Holy Mountain”, ci pensa “I Assassin” a riportare il disco su binari rock ad alta tensione, risultando fra i momenti più riusciti di “Born Into This”. Nel finale splendono il chiaroscuro di “Tiger In The Sun”, affascinante nel dualismo tra la strofa atmosferica e il ritornello catchy, come pure il dinamismo della conclusiva “Sound Of Destruction”, che evidenzia una strofa minimale e ricca di groove, nonché l’ottimo crescendo , sino alle dirette e coinvolgenti melodie del refrain principale, riassumendo in maniera pressoché fedele le caratteristiche salienti di questo gradito ritorno marchiato a fuoco The Cult. Imperdibile per i più affezionati al quartetto anglo-sassone l’edizione limitata, con due inediti di spessore – “Stand Alone” e “War Pony Destroyer” – e la versione estesa di “Savages” in primo piano.