7.5
- Band: THE CULT
- Durata: 00:52:26
- Disponibile dal: 05/02/2016
- Etichetta:
- Cooking Vinyl
- Distributore: Edel
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Giunti alla realizzazione del decimo capitolo di inediti, Ian Astbury e Billy Duffy concludono la visionaria trilogia spirituale inaugurata nel 2007 con l’arrembante “Born Into This”, seguita cinque anni dopo dal più eclettico “Choice Of Weapon”. Come di consueto, tutte le composizioni sono state interamente scritte ed arrangiate dalla coppia britannica, ma al contempo è innegabile il contributo determinante offerto in cabina di regia da Bob Rock. Il celebre produttore e polistrumentista ha scolpito per l’occasione una veste sonora robusta e ricca di sfaccettature, meritevole di adattarsi ai vasti umori racchiusi nei dodici episodi inclusi nell’opera. Spicca inoltre l’assenza importante del bassista Chris Wyse, temporaneamente rimpiazzato in studio da Chris Chaney dei Jane’s Addiction, il quale ha poi lasciato definitivamente spazio al nuovo entrato Grant Fitzpatrick. Raffigurato da una copertina poetica, suadente e chic, “Hidden City” denota una spiccata eterogeneità compositiva che, da un lato, recupera la fragorosa energia spesa su dischi fondamentali come “Electric” e “Sonic Temple”, dall’altro approfondisce con innata classe il lato più introspettivo perennemente annidato nel DNA dei The Cult. La scomparsa di David Bowie ha lasciato una cicatrice profonda nell’anima del carismatico frontman, profondamente immerso in una viscerale passionalità da navigato crooner all’altezza delle toccanti ballate “In Blood” e “Sound And Fury”. Anche il buon vecchio Duffy ricopre un ruolo di primo piano nell’economia dei brani, scolpendo una performance chitarristica sovente ispirata e ricca di sorprendenti chiaroscuri. Schiette reminiscenze ‘zeppeliniane’ si palesano nella sincope elettrica generata da “G O A T”, mentre la percussiva “No Love Lost” viene elegantemente colorata da un pregevole tocco di cesello alle sei corde. Impossibile non venire poi travolti dall’energia profusa dal teso e dirompente riff portante di “Avalanche Of Light”, così come lo scatenato footstompin’ di “Dark Energy” rievoca con gusto il caratteristico brio del gruppo britannico. Per nostro gaudio, i protagonisti non dimenticano del tutto il miglior retaggio new wave dei primi anni Ottanta, inchiostrando cupi paesaggi sonori nell’immaginifica “Birds Of Paradise”. Scottanti tematiche di attualità si manifestano nelle liriche dell’inquieta “Deeply Ordered Chaos” e, anche se i Nostri si concedono il lusso di coniare un ritornello francamente brutto su “Hinterland”, non possiamo che ritenerci ampiamente soddisfatti dell’ennesimo bersaglio colpito da una compagine tutt’ora capace di regalare grandi soddisfazioni. Per palati esigenti.