6.5
- Band: THE DARKNESS
- Durata: 00:41:27
- Disponibile dal: 02/06/2015
- Etichetta:
- Canary Dwarf Records
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Sono passati dodici anni da quando i paillettati rockers britannici hanno invaso il mondo di Mtv con “Permission To Land”, scanzonato lavoro di glam rock tutto esagerazione, falsetto e cattivo gusto, che li ha portati alle masse di mezzo globo. Da quel momento, la band dei fratelli Hawkins, dopo il successivo “One Way Ticket To Hell… And Back”, si è trovata in una situazione di grande difficoltà, tra cambi di line up e parentesi di rehab del caro Justin, portando il progetto a prendersi un periodo indeterminato di pausa. Nel 2011, finalmente, dopo aver archiviato alcuni side project dei vari membri della band passati in sordina, il combo originale si riunisce per una serie di show nel Regno Unito, e sembra possibile intravedere la luce alla fine del tunnel. La rinascita continua con il comeback “Hot Cakes”, dell’anno seguente, dischetto carino e catchy che ha presentato una band ancora capace di scrivere dei bei pezzi e che ha avuto il grande merito di aver fatto ripartire le cose. Oggi siamo nel 2015, e ci chiediamo: che fine hanno fatto gli autoproclamatisi “Salvatori del Rock”? Beh, è presto detto. Sono ancora qui, anche se orfani del dimissionario batterista Ed Graham, rimpiazzato dalla rampante fanciulla Emily Dolan Davies da fine 2014, la quale a sua volta ha abbandonato la barca a metà 2015, prima della release dell’album in questione, venendo sostituita da Rufus Taylor, figlio del ben più famoso Roger. Dopo questo doveroso excursus storico, adesso ci sembra d’uopo concentrarci sulla musica vera e propria. Vi diciamo subito che questo “Last Of Our Kind” può essere considerato come un piccolo compendio della storia musicale della band di Lowestoft, sintetizzando al meglio quanto è stato prodotto nei precedenti tre lavori. Abbiamo quindi il rock sempliciotto ma ultra ficcante stile AC/DC (“Open Fire”), gli inni da stadio (“Last Of Our Kind”) , la ballata che sa di California (“Wheels Of The Machine”), il glam scanzonato (“Sarah O’Sarah”) ed infine, il solito falsetto a prova di castrato (“Barbarian”). Va da sé che la summa di cui abbiamo parlato in precedenza si trascina anche i vizi che hanno da sempre afflitto la compagine del Suffolk, ovvero una certa mancanza contenutistica e qualitativa, per lo meno in termini di longevità della proposta, la quale viene però sopperita da una presenza scenica assolutamente sopra le righe, e da il solito gimmick glam tutto lustrini, pantaloni a zampa ed ambiguità sessuale. Ancora una volta, abbiamo a che fare con un lavoro buono ma lungi dall’essere memorabile, ottimo da ascoltare in macchina per passare queste infernali sere d’estate, possibilmente in buona compagnia. Anche se gli hook irresistibili di “Permission To Land” sono lontani…