8.0
- Band: THE END OF SIX THOUSAND YEARS
- Durata: 00:35:18
- Disponibile dal: 23/02/2008
- Etichetta:
- Still Life Records
- Distributore: Edel
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In un panorama ormai saturo e monotono come quello metal-core (e generi affini), è oggi raro trovare un gruppo in grado di offrire davvero qualcosa di nuovo o, perlomeno, non completamente prevedibile. Da una parte abbiamo legioni di cloni di Killswitch Engage o As I Lay Dying, dall’altra, schiere di novelli Despised Icon. Centinaia di band con zero personalità, più preoccupate a seguire attentamente ciò che “tira” che a cercare di proporre qualcosa di davvero interessante. In una situazione come questa, è quindi a dir poco galvanizzante imbattersi in un gruppo come i The End Of Six Thousand Years. Italianissimi, con in lineup ex membri di Memories Of Apocalypse e xReprisalx, i nostri si erano già fatti segnalare per uno split CD con gli americani Embrace The End (recensito a suo tempo), ma è con questo primo full-length che tutto il talento e le idee del quintetto riescono propriamente a emergere. Per sgombrare subito il campo da eventuali equivoci, in “Isolation” non troverete breakdown come li si intende oggi, urla da suino sgozzato, chorus in voce pulita o qualsiasi altra soluzione tanto in voga al momento. L’approccio dei TEOSTY al metal e all’hardcore è infatti ben più articolato e maturo, tanto che, come possibili punti di riferimento, dovete assolutamente scordarvi i nomi citati in apertura. Provate invece a pensare a una audace combinazione di death-black metal scandinavo – alla At The Gates e, soprattutto, Dissection – e di post hardcore/metal, con influenze che vanno dai Mastodon ai Converge, passando per Pelican e Buried Inside. Rispetto allo split CD, la band ha dunque compiuto parecchi passi in avanti, prendendo in parte le distanze dal melodic death metal tout court in favore di un sound più sfaccettato e completo, che offre sfuriate gelide e sinistre (“Abysses In The Sun”), così come imponenti aperture catartiche (“Mark Every Word”), senza dimenticare bordate al limite del crust (“Beyond Arhythmic Collapse”) e incantevoli tracce strumentali (la title track). La caratteristica più pregevole di “Isolation” è comunque la grande armonia con cui tutte queste influenze vengono maneggiate. Pur essendo molto variegata, non vi è l’ombra di incongruenze nella tracklist. Non si rintracciano inoltre quasi mai soluzioni ovvie: il gruppo è esperto, ha le idee chiare e può vantare un’abilità nello strutturare e nell’arrangiare i brani che certo non è comunissima. Ne risulta perciò un album denso, coeso, avvincente e ricco di spunti da scoprire con calma. Una vera sorpresa… senza dubbio tra gli ascolti più affascinanti di questo inizio di 2008.