THE END OF SIX THOUSAND YEARS – Perpetuum

Pubblicato il 10/04/2012 da
voto
8.0

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Siamo a due dischi. Due dischi per un gruppo troppo sussurrato. Probabilmente se i The End Of Six Thousand Years fossero un gruppo americano o nordeuropeo, il loro nome verrebbe urlato da più parti. Invece i Nostri sono italiani e, per un motivo o per l’altro, rimangono sottovoce. Viviamo in un’epoca in cui concetti come “contratto discografico” o “mercato” lasciano ormai il tempo che trovano, tuttavia non si riesce a fare a meno di rimanere un po’ perplessi nel constatare che una band di questo calibro sia stata costretta a ricorrere all’autoproduzione per divulgare la propria musica. Spesse volte, di questi tempi, le label fanno più danni che altro, quindi poco male, però la domanda “Perchè i TEOSTY sono così underground mentre certe nullità sbandierano partnership e contratti?” rimane. Ma veniamo alle cose realmente importanti. Veniamo alla musica. “Perpetuum” prosegue il discorso iniziato con il debut “Isolation”, ma ne smussa gli angoli per proporci un sound più fluido e, al tempo stesso, più elaborato. Il territorio è generalmente quello di sonorità “post” hardcore, che spesso si distendono su dilatati tappeti atmosferici. La sezione ritmica detta il procedere di questo flusso ininterrotto, il basso ne colora il fondo e le chitarre gli ‘spruzzi’ di superficie. Ma l’attenzione è concentrata sul risultato d’insieme, più che sull’interpretazione dei singoli strumenti: anche la voce viene incastonata in questa sinuosa cornice ed evita di snaturarne troppo l’andamento. “Perpetuum” è un disco progressivo nel senso profondo del termine, lontano dalla noia e dalla ripetizione e molto vicino all’intelligenza. Forse pure troppo, per i malandati tempi che percorriamo. Nove canzoni che, pur essendo spesso all’insegna di suggestioni che riportano direttamente ai Buried Inside – inevitabilmente ‘citati’ in molti delle opere della frangia più cupa di questo genere – riescono in gran parte a svincolarsi dai modelli di riferimento e a proporre un’interpretazione personale. Merito principale del quintetto è appunto quello di riuscire a dare alle proprie composizioni una costruzione e uno svolgimento fluidi e al tempo stesso imprevedibili, dosando attentamente momenti di pura atmosfera e parentesi più brutali, veloci e rumorose, che rispolverano con convinzione anche quel background death-black (alla Dissection) già ravvisabile in vari episodi del debut. Su “Perpetuum” i TEOSTY sono tuttavia riusciti a condensare meglio le proprie influenze: come accennato, la varietà di sapori è sempre ampia, ma questa volta non ci si imbatte in una traccia “lenta” prima e in una “estrema” dopo. Le due anime coesistono in quasi ogni pezzo, sedandosi ed esaltandosi a vicenda, con il solo obiettivo di costruire qualcosa di singolare, qualcosa che vada oltre le solite formule “post” trite e ritrite. Musica a tratti cerebrale, ma spontanea e che non dimentica melodia e “cuore”, come ben dimostra l’incantevole chiusura di “Eridanus”. “Perpetuum” si fa ascoltare tutto d’un fiato, più e più volte, e lascia la decisa impressione di trovarsi al cospetto di una band che, nonostante il lungo silenzio, non ha affatto perso “la mano”, ma che, anzi, sembra destinata a divenire sempre più seducente ed elegante.

TRACKLIST

  1. Ophiuchus
  2. Auriga
  3. Cepheus
  4. Lyra
  5. Andromeda
  6. Cygnus
  7. Hydra
  8. Gemini
  9. Eridanus
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