7.0
- Band: THE FACELESS
- Durata: 00:42:42
- Disponibile dal: 01/12/2017
- Etichetta:
- Sumerian Records
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Uno degli album estremi più attesi (e rimandati) del 2017 è sicuramente il quarto disco della band del mastermind Michael Keene. Facciamo un breve riassunto delle puntate precedenti giusto per completezza: sono passati cinque anni dall’uscita del fortunato “Autotheism”, e da allora sono cambiati tutti i membri del gruppo, c’è persino chi è (ri)entrato e (ri)uscito di nuovo come il primo bassista del gruppo Brandon Griffin. “In Becoming A Ghost” inizialmente doveva vedere la luce a metà del 2016, ma poi la sua uscita è stata rimandata fino alla metà del 2017, per poi, verosimilmente a causa dell’uscita improvvisa del batterista, essere dato alle stampe soltanto nel dicembre 2017 tramite la Sumerian Records. Cinque anni, con i tempi discografici odierni, sono quasi un’era geologica e, andando ad analizzare la tracklist nello specifico, troviamo una traccia uscita due anni fa (“The Spiraling Void”), una cover – completamente stravolta in tutto e per tutto – dei Depeche Mode (“Shake The Disease”), e sostanzialmente tre intermezzi strumentali/recitati che francamente poco aggiungono al valore generale del disco. Va da sé che la sensazione latente è quella di un album assemblato tra spunti e idee spot emerse qua e là tra un cambio di line-up e un altro. Musicalmente e stilisticamente, però “In Becoming A Ghost” è un album che riprende il filo del discorso interrotto con “Autotheism”, dove erano state introdotte parti classicheggianti, (stavolta però senza nessun retrogusto anni ’70) e linee melodiche in un contesto progressive technical death metal. Certo, in questo lungo lasso di tempo, intanto altre band hanno cavalcato quest’onda stilistica, basti pensare a quanto di buono è stato fatto da un gruppo come i Fallujah, o dallo stesso chitarrista Justin McKinney con i suoi The Zenith Passage (questi ultimi che hanno un sound letteralmente scippato ai The Faceless). Ne consegue che il cosiddetto effetto sorpresa è andato ovviamente a scemare tra le dissolvenze chitarristiche, ma questo diventerebbe marginale qualora la qualità dei brani fosse ineccepibile. Detto che, in ogni caso, stiamo parlando di un livello assolutamente superiore alla media, mettendo a confronto questo platter con quanto prodotto in precedenza dalla band di Keene, emerge un leggero ma tangibile passo indietro. L’unico brano che sa di vero capolavoro è “Cup of Mephistopheles”, grazie ad un’atmosfera surreale e una fluidità nel songwriting pazzesca, e a questa capacità di cambiare faccia e suono da un momento all’altro con naturalezza e logica inattaccabile. Il resto dei brani, lo ripetiamo, sebbene siano scritti in maniera magistrale dal punto di vista formale e tecnico, a parere di chi scrive, non raggiungono mai dei livelli di intensità espressiva e di compiutezza totali che abbiamo sentito in altri lavori della band (e non solo). Crediamo che in tutto questo incida anche una produzione infelice, con suoni freddi, secchi e troppo omogenei quando non addirittura coprenti, come nel caso delle parti di batteria che ha subito un lavoro di post produzione talmente alto da aver nascosto la gran cassa appiattito il suono dei piatti (ci scusiamo per il gioco di parole). L’augurio che ci facciamo, da fan del gruppo, è che i The Faceless riescano a trovare una stabilità nella line-up, o comunque una continuità che gli permetta di tornare ai livelli che avevano raggiunto nelle precedenti release. “In Becoming A Ghost” non è un album da bocciare, assolutamente, però dai The Faceless è lecito aspettarsi qualcosa di meglio.