8.0
- Band: THE GATES OF SLUMBER
- Durata: 00:53:32
- Disponibile dal: 14/09/2009
- Etichetta:
- Rise Above Records
- Distributore: Audioglobe
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Fortunatamente questo 2009 vuole continuare a donarci qualche sorpresa e gli amanti del doom più classico ed ancorato agli 80’s dovranno ringraziare gli americani The Gates of Slumber per averci fatto questo regalo pre-natalizio. “Hymns of Blood and Thunder” è il quarto full-length della formazione che nel giro di cinque anni ha dato alle stampe anche una manciata di EP e di split album rimanendo sempre fedele al proprio stile classico e fortemente ancorato al passato. Lasciate perdere innovazione o tecnicismi strumentali, qui c’è spazio solo per feeling, oscurità ed epicità: dieci tracce lente e cariche di quello spirito ottantiano che in tanti cercano di riesumare ma in pochi riescono a ricreare. Contrariamente ad ogni logica di assimilabilità i cinquanta minuti che compongono l’album scorrono fluidi e senza grossi intoppi e contrariamente al precedente “Conqueror” le dieci tracce che compongono il lavoro prediligono l’immediatezza e l’impatto affidando a “The Doom of Aceldama” e “Descent Into Madness” il compito di condurre l’ascoltatore in un tunnel senza uscita nel loro lento e avvilente incedere. Karl Simon non ha un’ugola d’oro e la sua prestazione è lontana dall’essere definita perfetta: il frontman della formazione non riesce ad essere sempre convincente soprattutto nelle parti più dirette e concitate riscattandosi però nel migliore dei modi nelle parti più epiche e cariche di intensità. Il doom della formazione è fortemente debitore a formazioni come Black Sabbath, Saint Vitus e Cirith Ungol: riff semplici ed ipnotici, ritmi lenti e trascinati sostenuti da un basso sempre presente e così saturante nella sua semplicità. “Chaos Calling”, “Death Dealer”, “Iron Hammer” e “Blood and Thunder” sono un quartetto che non mancherà di colpirvi in tutta la sua stupefacente e coinvolgente immediatezza senza per questo scadere nella mera banalità. Il lato epico e più progressivo della band emerge con tracce come “Beneath the Eyes of Mars”, con “The Doom of Aceldama” e il suo finale in crescendo e tastiere dal sapore retrò, e l’ossessiva e malsana “Descent Into Madness”. In questo “Hymns of Blood and Thunder” non ci sono note superflue e i soli di Karl Simon sanno colpire al cuore senza risultare prolissi regalando emozioni e feeling allacciandosi perfettamente con l’atmosfera dei brani. Se ancora non dovesse bastarvi aggiungete al conteggio anche un produzione sobria ed equilibrata che calza a pennello con la classicità del lavoro. Dieci tracce, dieci centri: uno se non IL miglior album doom/epic dell’anno.