6.5
- Band: THE GATES OF SLUMBER
- Durata: 00:30:38
- Disponibile dal: 29/01/2013
- Etichetta:
- Scion A/V
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Attendevamo con una certa curiosità il ritorno sulle scene dei The Gates Of Slumber, non fosse altro che per verificare se i doomster statunitensi sarebbero tornati alle portentose sonorità epic doom di “Conqueror” e “Hymns Of Blood And Thunder” o se invece avrebbero proseguito il discorso intrapreso con l’ultimo “The Wretch”, più legato ad un pesantissimo classic doom ottantiano di chiara ascendenza Saint Vitus. Ebbene, “Stormcrow” percorre proprio quest’ultima strada e ci regala cinque brani estremamente pesanti, lenti e suonati nel pieno rispetto di quanto fatto da Wino e compagnia negli eighties. Ancora una volta prodotti da Sanford Parker, i The Gates Of Slumber ci assalgono sin da subito con il loro doom molto maschio e caldo. L’opener “Death March” è uno dei brani più asfissianti mai composti da Karl Simon e soci; la luce non riesce mai a filtrare attraverso lo spessissimo wall of sound generato dalla chitarra di Simon e dal basso di Jason McCash ed il risultato finale è quanto di più oscuro ed opprimente si possa immaginare in un ambito musicale come quello del classic metal. La successiva “Driven Insane” è decisamente meno tetragona ed anzi alcuni solismi della sei corde sono pienamente ascrivibili nell’ambito hard rock. Ancora una volta il fantasma di Saint Vitus e Pentagram permea tutto il brano, che però non riesce a colpire nel segno anche a causa di alcuni passaggi fin troppo vicini allo stoner doom. In “Son Of Hades” torna a fare capolino una certa epicità, che esplode all’altezza del chorus in tutta la propria imponenza. Per certi versi, sia le soluzioni utilizzate – mai scontate e tecnicamente ineccepibili – sia il timbro vocale di Simon fanno avvicinare il tutto a certi Nevermore del passato, riletti sotto una lente più oscura e distorta. Con “Dragon Caravan” si torna su coordinate più ossianiche, sebbene il brano non riesca a convincere a causa della propria eccessiva derivatività. Da salvare il gran lavoro del basso, capace di distorsioni mastodontiche alle quali Parker in fase di produzione trova la giusta collocazione all’interno del quadro complessivo. A chiudere questo “Stormcrow” troviamo “Of That Which Can Never Be”, brano lungo, molto lento e costruito come una ripetitiva nenia che prende per sfinimento. Le cinque nuove tracce sono di buon livello (soprattutto l’opener e “Son Of Hades”) ma rimangono comunque inferiori rispetto al materiale del recente passato; i The Gates Of Slumber comunque dimostrano abilità compositive sopra la media, sebbene una certa monotematicità di fondo faccia sì che “Stormcrow” non emerga completamente dalla media dei lavori di genere. Ascolto obbligato per i fan, anche perché la Scion A/V ha messo a disposizione l’EP gratuitamente a questo indirizzo: http://www.scionav.com/collection/1329/The-Gates-of-Slumber—Stormcrow