7.5
- Band: THE GATES OF SLUMBER
- Durata: 00:55:55
- Disponibile dal: 10/05/2011
- Etichetta:
- Rise Above Records
- Distributore: Audioglobe
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Rientro sulle scene per i doomster The Gates of Slumber, arrivati con il qui presente “The Wretch” al considerevole quinto full-length in carriera: dopo una bomba doom/epic come “Hymns of Blood and Thunder” il trio di Indianapolis abbandona – temporaneamente, ne siamo certi – la vena più epica del proprio suono vendendo l’anima al doom più plumbeo. Un ritorno alle atmosfere oscure e ritmi trascinati che hanno contribuito alla nascita e crescita del genere: Black Sabbath, Saint Vitus, Pentagram, niente di nuovo o innovativo insomma, con i The Gates of Slumber sono i riff semplici ed ipnotici che costituiscono lo scheletro delle composizioni e a dettare legge. Da mettere in conto una buona quantità di ascolti, particolare assolutamente necessario per memorizzare e recepire le otto composizioni, decisamente restie dal punto di vista della varietà: le tracce più votate all’impatto come “The Scovrge Ov Drvnkenness” e la titletrack rappresentano una piccola variazione sul tema se confrontate ai ritmi flemmatici e carichi di riverbero che assemblano il resto del lavoro. L’iniziale “Bastards Born” ed il duo centrale composto da “Day of Farewell” e “Castle of the Devil” lasciano poco spazio all’immaginazione con un riffing minimalista spezzato da malinconici arpeggi e dai settantiani ed ispirati assoli partoriti dalla sei corde di Karl Simon. Calda e trascinatrice la prova vocale di Karl, elemento che aggiunge un pizzico di varietà alla monolicità delle composizioni: essenziale e priva di fronzoli la prestazione della coppia ritmica, forse eccessivamente accademica nel suo incedere senza colpi di scena. Conclude l’opera la lunga e mutevole “Iron and Fire”, affascinante ed oscura nella sua disarmante semplicità e degno compendio di un lavoro monolitico ma dotato di uno charme fuori dal comune. “The Wretch” fa parte della schiera di lavori che non ammette mezze misure: la scarsa varietà delle composizioni e l’assoluta mancanza del fattore sorpresa potrà scalfire il cuore solo dei doomster più incalliti. Pur con qualche riserva rispetto al precedente lavoro, i The Gates of Slumber si dimostrano un nome di assoluto interesse e garanzia all’interno della scena doom classica: granitico, coriaceo, ma assolutamente ipnotico nella sua ammaliante linearità.