7.0
- Band: THE GHOST INSIDE
- Durata: 00:42:34
- Disponibile dal: 17/11/2014
- Etichetta:
- Epitaph
- Distributore: Self
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Non è il caso di pretendere chissà quali colpi di genio da un gruppo come i The Ghost Inside, macchina da tour che negli anni ha puntato sempre tutto sul grande impatto live di una formula hardcore/metal-core di facile assimilazione, spesso basata su stilemi un tempo cari ai Bury Your Dead e solo negli ultimi tempi ingentilatasi con dosi di melodia nel comparto vocale. “Dear Youth” prende le mosse dal precedente “Get What You Give”, ad oggi l’album della consacrazione per il quintetto statunitense, e sostanzialmente ne ripropone la ricetta, offrendo undici brani muscolosi a livello ritmico, ma sempre pronti ad innescare il singalong all’altezza di ritornelli e stacchi ariosi. Un urlatore tutto sommato nella media come il frontman Jonathan Vigil viene oggi spesso affiancato da cori e clean vocals che ampliano di parecchio lo spettro di umori e registri a disposizione della band: a volte si tratta soltanto di digressioni in ambienti prettamente melodic hardcore, ma in altre circostanze si assiste a veri e propri flirt col mondo pop, come dimostrano la semi-ballad “Phoenix Flame” e la caramellosa “Wide Eyed” (con ospite Jason Butler dei Letlive). D’altronde, capita sovente che gruppi di questo genere non si rivelino abili più di tanto nello sposare melodia ed eleganza: il rischio di calcare la mano e di risultare un po’ troppo piacioni e smorfiosi è sempre dietro l’angolo e i The Ghost Inside purtroppo su tal fronte questa volta non fanno eccezione. Rispetto al lavoro precedente – per non parlare ovviamente dei più duri ed equilibrati “Fury and the Fallen Ones” e “Returners” – “Dear Youth” fa insomma la figura del disco “per le grandi masse”, quello dagli angoli smussati e dai toni maggiormente ruffiani. Complice anche un leggero calo a livello di ispirazione, è facile quindi immaginarsi una pioggia di critiche da parte dei fan della prima ora, che probabilmente non apprezzeranno granchè le atmosfere giovanili di alcune di queste canzoni. Volendo però spezzare una lancia a favore del gruppo, va comunque detto che il disco non rappresenta affatto una totale rottura con il passato: i breakdown ultra compressi sono sempre presenti e, almeno in pezzi come “Mercy”, il vecchio animo metal-core è lungi dall’essere domato. Pur essendo nel complesso inferiore alle opere precedenti, riteniamo dunque che “Dear Youth” non scontenterà troppe persone: dal vivo questi brani acquisteranno ulteriore carica e i ragazzi californiani con tutta probabilità continueranno ad uscire vincitori sera dopo sera.