7.5
- Band: THE GREAT OLD ONES
- Durata: 00:50:04
- Disponibile dal: 25/10/2019
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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E’ da qualche anno che il nome dei The Great Old Ones gira tra i più attenti osservatori del panorama black metal. Il buon riscontro ottenuto da un’opera magnifica come “Tekeli-li” ha anche portato la band a firmare per la prestigiosa Season Of Mist, ma il primo album rilasciato per la nuova etichetta, “EOD: A Tale of Dark Legacy”, frenato da alcuni brani che sembravano anteporre la forma alla sostanza, non ha fatto compiere alla band francese un vero ulteriore salto di qualità. A quasi tre anni di distanza dall’uscita di quel lavoro, i francesi tornano alla carica con “Cosmicism”, disco che già ai primi ascolti riesce a imporsi come il frutto di una band più distesa e riposata, che possiede ormai un proprio sound e che sa come rispettare la distanza di sicurezza dal mero esercizio di stile. La chimica tra il chitarrista/cantante Benjamin Guerry e i suoi compagni ha qui ritrovato piena efficacia. Anzi, i The Great Old Ones non hanno probabilmente mai suonato così solidi ed aggressivi, perché se c’è una cosa che si può subito notare ascoltando questo nuovo album è proprio lo spessore del riffing di chitarra, particolarmente heavy e risoluto in più di una nuova traccia. Tuttavia, il principale tratto distintivo della formazione di Bordeaux sono sempre state quelle melodie gelide e al tempo stesso inebrianti, capaci di partire da lontano e di insinuarsi poco a poco nella mente dell’ascoltatore, proiettandolo davanti a quei paesaggi siderali e a quegli anfratti di mistero che H.P. Lovecraft ha saputo descrivere con dovizia di particolari nelle sue opere. Su “Cosmicism” questa componente del suono dei The Great Old Ones torna a splendere con maggiore costanza, raggiungendo vette di grande lirismo su episodi come “A Thousand Young” e “Nyarlathotep”. Un’atmosfera arcana che è qualcosa di vivo, autentico, sorretta da una prova corale di alto livello sia dal punto di vista esecutivo che sul fronte della produzione. Non siamo ai livelli di “Tekeli-li”, ma, se si prende “EOD” come termine di paragone, i francesi qui sono riusciti a dare consistenza alle molteplici idee musicali che affiorano nella loro mente con maggiore trasporto e passionalità. Insomma, un bel ritorno e un lavoro che ispira fiducia per le prossime mosse di questa band.