THE GREAT OLD ONES – Kadath

Pubblicato il 18/01/2025 da
voto
7.0
  • Band: THE GREAT OLD ONES
  • Durata: 01:01:15
  • Disponibile dal: 24/01/2025
  • Etichetta:
  • Season Of Mist

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Un nome sussurrato nel vento che evoca brividi e mistero: i The Great Old Ones si avventurano nelle profondità delle Dreamlands lovecraftiane con “Kadath”, un ennesimo viaggio sonoro che prova a spingersi oltre i confini della realtà e dell’immaginazione.
A ben cinque anni di distanza da “Cosmicism”, il gruppo francese si ripresenta con un album imponente, in cui il suo tipico (post-) black metal atmosferico si fa veicolo di un’epica onirica ispirata al cosiddetto Ciclo dei Sogni, tra gorghi stellari, divinità capricciose e orrori indicibili.
L’apertura del disco si mostra con tutta la sua potenza: i primi brani della tracklist si muovono sicuri tra le consuete melodie fredde e riff spigolosi, riconsegnandoci la comprovata capacità della band di intrecciare con disinvoltura concretezza metal e un mood di introspezione quasi sospesa. L’opener “Me, the Dreamer”, in questo senso si rivela particolarmente scorrevole, ma degna di menzione è anche una traccia come “In the Mouth of Madness”, la quale sorprende con una melodia che pare richiamare le atmosfere più eteree degli Hypocrisy, riuscendo a combinare immediatezza e pathos in una narrazione musicale che cattura immediatamente.
È in queste prime battute che “Kadath” mostra il suo volto più ispirato, con composizioni che sanno dosare la classica densità sonora tipica del gruppo di Bordeaux con una certa evoluzione dinamica.
Man mano che il disco prosegue, il viaggio si fa tuttavia più tortuoso: al di là del recupero delle solite atmosfere che invocano echi cosmici e abissi mentali, in un disegno che mira a evocare le Dreamlands con una precisione quasi cinematografica, la seconda metà dell’album rivela un andamento più macchinoso. Qui la band osa di più, forse troppo: ad esempio, la lunga strumentale “Leng” supera i quindici minuti, distendendosi in una struttura circolare che rischia di spezzare il ritmo narrativo. Se l’intento era di amplificare il senso di smarrimento e di immersione, il risultato appare a tratti dispersivo, specie considerando che altrove il mood ipnotico viene sfruttato con maggiore incisività.
Più efficace la conclusiva “Astral Void (End of the Dream)”: un ritorno di intensità che riporta l’ascoltatore nel cuore delle vicende del protagonista Randolph Carter. È in questi frangenti più vivaci, in cui i riff hanno modo di mettersi in risalto tanto quanto le partiture più torbide, che i The Great Old Ones dimostrano di padroneggiare al meglio l’arte di musicare Lovecraft, trasformando le sue visioni in una sinfonia in grado di unire terrore e malinconia.
Alla fine del viaggio, “Kadath” lascia insomma un’impressione ambivalente: nel complesso, siamo al cospetto di un’altra opera ricca e ambiziosa, capace di evocare immagini potenti e di trasportare chi ascolta in un mondo di sogni e incubi. Tuttavia, la lunga gestazione sembra aver influito un pochino sull’equilibrio del disco, che a tratti si perde nella sua stessa vastità.
Come accennato, i The Great Old Ones restano quindi competenti nell’arte del black metal atmosferico, ma qui sembrano un po’ meno ispirati rispetto a piccoli capolavori come “Tekeli-li”. Quello in questione resta comunque un album che, pur con i suoi difetti, merita di essere vissuto, anche solo per perdersi, ancora una volta, nell’abisso di un sogno impossibile.

 

TRACKLIST

  1. Me, the Dreamer
  2. Those from Ulthar
  3. In the Mouth of Madness
  4. Under the Sign of Koth
  5. The Gathering
  6. Leng
  7. Astral Void (End of the Dream)
  8. Second Rendez-Vous (Bonus Track Box & Vinyl)
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