5.0
- Band: THE HAUNTED
- Durata: 00:08:16
- Disponibile dal: 20/01/2014
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: EMI
Spotify:
Apple Music non ancora disponibile
Sommando il fragore generato dall’annuncio di un nuovo album firmato At The Gates con la pochezza di questo materiale, è facile arrivare alla conclusione che per i The Haunted si prospettino tempi duri. Il gruppo svedese, recentemente riassestatosi con il ritorno di Adrian Erlandsson e Marco Aro e l’innesto del nuovo chitarrista Ola Englund, si ripresenta con un EP che getta non poche ombre sull’effettiva validità di questa sua ennesima incarnazione. La title track, “Eye Of The Storm”, è un ruvido midtempo che vorrebbe rievocare l’ignoranza di una “D.O.A.” e, in generale, le atmosfere esasperate di “One Kill Wonder”; la voce di Aro negli anni non è cambiata, ma i riff non sono quelli dei tempi d’oro. Anzi, il brano suona sin dalle prime battute scontato e poco incisivo. “Infiltrator” è invece una traccia maggiormente rapida e melodica: si sente in questo caso lo zampino di Jonas Björler, negli anni spesso responsabile di quei pezzi più vicini alle coordinate degli ultimi At The Gates. Tuttavia, anche qui non si può fare a meno di notare il generale appannamento del songwriting: tanto mestiere, ma poca vera ispirazione. Un compitino simile a tanti altri. “My Enemy”, infine, è il riempitivo per eccellenza: nemmeno un minuto di thrash furioso modellato su un riff che siamo sicuri di aver già sentito almeno un paio di volte sul debut album del 1998. Struttura inesistente e rabbia gratuita. L’EP parte malino e si chiude in maniera anche peggiore, insomma. “Eye Of The Storm”, come intuibile, non è dunque il biglietto da visita ideale per i rinnovati The Haunted: anzichè apparire affamato e grintoso, il gruppo dà l’idea di essere stanco e sfiduciato. Sembra essere rientrato sulle scene solo per sparare qualche ultima cartuccia prima che il colosso At The Gates torni a monopolizzare tutta l’attenzione. Musicisti di questo calibro dovrebbero evitare simili cadute di stile. Al confronto, i The Resistance dell’amico Jesper Strömblad e dello stesso Aro sembrano chissà quale prodigio… il che è tutto dire!