6.5
- Band: THE HAUNTED
- Durata: 00:33:00
- Disponibile dal: //2003
- Etichetta:
- Earache
- Distributore: Self
Ma come, tutto qui? Onestamente ci aspettavamo qualcosina in più dai The Haunted! Sì, partiamo dalla fine, perché quello che era stato annunciato da più parti come il lavoro migliore della band nata dalle ceneri degli At The Gates ci è sembrato proprio l’opposto. Che gli svedesi non fossero dei geni (o meglio, lo sarebbero ancora, se solo lo volessero… vero, Jonas ed Anders?) destinati a rivoluzionare un certo tipo di metal estremo lo si era capito sin dall’esordio, ma che sfornassero un album che a tratti è davvero di una prevedibilità e di una sciattezza sconcertante non ce lo saremmo forse mai aspettato… in certi brani (“Shithead”, “Bloodletting”) si resta a dir poco increduli per la bruttezza dei riff profusi tanto che abbiamo avuto quasi l’impressione di stare ad ascoltare la loro cover band o delle mediocrità come i Corporation 187. La cosa che più di ogni altra lascia l’amaro in bocca è che su “One Kill Wonder” i nostri hanno anche provato a cambiare un poco la loro formula, non riuscendo, però, a scrivere un brano che fosse realmente innovativo o memorabile. La tanto decantata “Shadow World”, descritta come il brano simbolo della “svolta”, è un midtempo molto classico, priva di spunti melodici davvero accattivanti né della carica tipica della band; un ibrido incapace di accontentare qualsiasi tipo di palato. Per fortuna che ci pensano le canoniche, ma comunque efficaci, “Godpuppet”, “Everlasting”, “D.O.A.” e la title track a farci alzare dalla sedia per scapocciare un po’, perché la strumentale “Demon Eyes” è soporifera quanto la succitata seconda traccia e “Urban Predator” è un brano solamente discreto che non regala particolari sussulti. Resta infine da citare “Downward Spiral”, un ottimo tributo agli At The Gates che non a caso si rivela uno degli episodi migliori del disco. Se i The Haunted volevano dimostrare di essere i leader indiscussi del movimento neo-thrash hanno miseramente fallito perché non sono stati affatto in grado di tracciare una nuova via, scrollandosi di dosso la pesante eredità della loro precedente band e le evidentissime influenze targate Dark Angel e Slayer, le quali invece sono più volte ravvisabili nel corso di queste undici tracce, quasi tutte troppo poco ispirate e ancora eccessivamente legate agli stilemi dei succitati mostri sacri. Se proprio si vuole continuare a suonare un certo tipo di musica nel 2003 è, a nostro avviso, necessaria almeno una piccola dose di originalità e soprattutto di ispirazione, perché “Reign In Blood” e “Darkness Descends” sono già stati scritti e non vi è la stretta necessità di avere tra le mani un disco che scimmiotta questi ultimi senza avere un briciolo della loro carica. “One Kill Wonder”, per concludere, resta comunque un disco pienamente sufficiente che, nonostante sia nettamente inferiore ai suoi due predecessori (e qui vi consigliamo un ascolto prima dell’acquisto), resta almeno un gradino sopra a decine di altre uscite del genere. Pur avendo apprezzato le loro precedenti prove e, in parte, anche questa, continuiamo però a sperare che sia l’ultima sotto questo monicker per i fratelli Bjorler. Una reunion At The Gates, anche solo per dei live, è fortemente richiesta.