7.5
- Band: THE HAUNTED
- Durata: 00:55:04
- Disponibile dal: 30/10/2006
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: EMI
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Be’, bisogna pian piano abituarsi. Decisamente. Al nuovo disco dei The Haunted, si intende. Se il precedente “rEVOLVEr” aveva messo in mostra qualche ammorbidimento stilistico tutto sommato ben accolto dai fan – andando ad assumere, con il senno di poi, le sembianze di disco di transizione – in questo “The Dead Eye” la band dei fratelli Björler osa moltissimo di più, snaturando un sound che, fin dai tempi immediatamente post-At The Gates, l’aveva consacrata a superba manipolatrice di riff death-thrash, per re-inventarsi un approccio più pacato e strutturato, vario e, a tratti, stupefacente. Come accade per tutti i profondi stravolgimenti di songwriting, è probabile che i The Haunted perderanno parecchi fan più strettamente legati al death svedese, al thrash e anche all’hardcore, per poi però acquistarne molti altri dalle ampie vedute, soprattutto in ambito prog, stoner e rock. Da gran macinatori di riff quali erano (e tuttora sono, non temete!), Anders, Jonas ed il secondo chitarrista Jensen si stanno trasformando in pregevoli scrittori di song dall’atmosfera cangiante e ricca di sbalzi d’umore, passando da costanti e variabili comunque ottimamente concepite. Fra le prime, troviamo certamente l’ispirazione delle sei corde, autrici di riff sempre immediati, ficcanti e dal groove imperioso, e l’appartenenza alla scena estrema, sicuramente non del tutto abbandonata, anzi; fra le seconde, c’è però tutto il resto, a partire dalla prova vocale di un Peter Dolving strepitoso, a suo perfetto agio sia nel classico screaming hardcore, sia nelle abbondanti parti di clean vocals, mai come per “The Dead Eye” introspettive e sentitamente interpretate. Come detto in partenza, i primi ascolti risulteranno fuorvianti, soprattutto per chi magari adora sbattersi furiosamente sulle note del debutto omonimo, ma bisogna davvero dare tempo a questi brani di appiccicarsi sulla propria pelle: i loro passaggi acustici, le rapide ripartenze, i riffoni più lenti e dal sapore desertico, le linee vocali spesso melodiche, gli arrangiamenti curatissimi…tutto quanto, di sfumatura in sfumatura, ascolto dopo ascolto, vi apparirà in modo fulgido e prepotente: “The Dead Eye” è un dannatissimo, gran bel lavoro! “The Flood”, “The Medication”, “The Fallout”, “The Failure” e tutte le altre ‘The’ – simpatica l’idea del gruppo di intitolare ogni traccia con un ‘the’ iniziale, che richiama il nome della band – possono realmente aprire molte strade ai The Haunted, ora più che mai in grado di diventare una formazione ‘peso massimo’ del metal mondiale. Se molti si aspettavano una sterzata verso lidi –core od un ritorno al thrash degli esordi, eccoli ben serviti: onore al coraggio di questi cinque musicisti, finalmente in grado di levarsi di torno l’ingombrante fantasma degli At The Gates. Ottimo!