7.5
- Band: THE HAUNTED
- Durata: 00:43:23
- Disponibile dal: 21/03/2011
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: EMI
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E’ un compito realmente ardito quello di scrivere di “Unseen” dei The Haunted. La band di Gothenburg, capitanata dai fratelli Bjorler (At The Gates), non è mai stata propriamente immobile e chiusa nel suo suono, e non si può di certo dire di loro che siano il classico gruppo che se ne esce con album fotocopia. Certo, fino ad oggi ci siamo trovati alle prese prima con album duri e puri, come “The Haunted” o “Made Me Do It”, dove l’uptempo sembrava essere l’unica soluzione ritmica; abbiamo poi avuto capitoli più sperimentali come “Revolver” o “The Dead Eye”, dove i The Haunted azzardavano qualcosa di diverso, ma al contempo sembravano non voler scontentare i fan più oltranzisti e legati a loro nella speranza di sentire ancora qualche pezzo alla At The Gates; poi, dopo un disco di transizione come “Versus”, i The Haunted hanno deciso di prendere le speranze di coloro che si aspettavano un altro album in salsa swedish e pulircisi letteralmente i piedi (per non essere più scurrili). Già, perché i The Haunted del 2011 sono tutt’altra cosa rispetto alla band che conoscevamo: il loro sound oggi è contaminato, sperimentale, e per certi aspetti non ci sentiamo nemmeno di parlare di un album all 100% metal. Sin dalle prime note di “Never Better”, infatti, l’ignaro ascoltatore si troverà subito shockato da un ritornello di facile presa ripetuto più volte nel corso della canzone. Ora, non immaginatevi i classici ritornelli impersonali che pervadono, ad esempio, il metalcore: la voce di Peter Dolving mantiene la sua grinta graffiante e la sua verve inconfondibile, ma gli affezionati dei vecchi lavori si dovranno munire di ossigeno. La stessa cosa accadrà per brani come “Catch 22” – dove si odono persino echi alla Tool – o “Disappear”. Ma la voglia dei The Haunted di stupire e sperimentare non finisce: “No Ghost” trasuda sporcizia, fumo e fango prettamente southern blues dall’inizio alla fine, si distinguono echi di Pantera e Corrosion Of Conformity, e la sua cadenzata decadenza è decisamente avvolgente. “Motionless”, poi, a parere di chi scrive, è la canzone più ispirata di “Unseen”, sarà per la sua struttura più complessa, ma di fatto questo crescendo di energia che di strofa in strofa aumenta di intensità, fino a sfociare in un bridge da capogiro con cambi di tempo e stacchi da scapoccio selvaggio, con tanto di urla in salsa hardcore ad intramezzare ed esaltare i passaggi più salienti – e ci piace, eccome. “Unseen”, insomma, è il classico album che chiunque potrebbe amare o odiare in egual misura. Ma c’è da dire che l’ammorbidimento del suono dei Nostri è personale e riconoscibile, e non assume i connotati di qualcosa di già sentito milioni di volte, ma di qualcosa bensì ricercato e personale. Persino chi scrive, da sempre molto legato ai primi lavori del gruppo, ci ha messo un po’ ad accettare questa loro nuova dimensione… tuttavia, una volta entrato nel “mood” accattivante delle loro canzoni, non ha più saputo farne a meno. Fate la vostra scelta dunque, ma non fatela dopo il primo ascolto, altrimenti non vale!