8.0
- Band: THE LUNAR EFFECT
- Durata: 00:41:05
- Disponibile dal: 24/10/2025
- Etichetta:
- Svart Records
Spotify non ancora disponibile
Apple Music:
“La fortuna si nasconde sempre”, si intitola il terzo album dei The Lunar Effect: chissà invece non sia prossima a palesarsi, sotto forma di un apprezzabile successo di pubblico e critica, per questi giovani musicisti anglosassoni. I presupposti parrebbero esserci tutti, in ragione di come interpretano il genere suonato e si dimostrano sufficientemente affabili e smaliziati nel veleggiare tra sonorità vintage caleidoscopiche e di raffinata morbidezza.
Il quintetto si affaccia sul mercato nel 2019, a due anni dalla sua fondazione, con il ben accolto “Calm Before The Calm” e sale di livello nel 2024, con l’ottimo “Sounds Of Green & Blue”.
A solo un anno di distanza, eccoci al cospetto di “Fortune’s Always Hiding”; le impressioni lasciateci dal loro secondo disco vanno allora a solidificarsi e illuminarsi, passando in rassegna una tracklist che ha qualche tratto particolare da mostrarci, accanto ad altrettante molte belle idee aderenti al classic rock.
Nell’epoca di The Vintage Caravan, Rival Sons, Graveyard, Blues Pills, c’è ancora spazio per chi sappia dare linfa vitale all’hard rock, attingendo alla sua lunga tradizione con spirito libero, genuina passione, omaggi alle celebrità del passato mitigati da un sentire personale. L’idea di rock seventies dei quattro londinesi palesa soprattutto la volontà di far espandere le proprie malinconie, i delicati tormenti interiori, prestandosi a uno sviluppo che sappia sì di rovente elettricità, ma intenda innanzitutto parlare al cuore di chi ascolta.
I The Lunar Effect non hanno ambizioni di ridefinire il genere o darne sottolineature particolarmente ingegnose, eccellono invece nell’arte comunicativa, nell’entrare in sintonia con chi dalla musica rock desideri ricevere suoni e parole di conforto e comprensione, misurate botte di vita e un intrattenimento di livello. Grosse novità in confronto a “Sounds Of Green & Blue” non ve ne sono e sarebbe stato irragionevole chiedersele, mentre ci sembra che l’arte di scrivere canzoni di valore, che rimangono impresse nella mente e nell’anima, si sia rinforzata, conducendoci a un disco che attira a ripetuti ascolti.
Una produzione nient’affatto carica nei volumi e per nulla roboante mette addosso un abito sartoriale alle idee della band, che apre con le movenze lisergiche e disincantate di “Feed The Hand” e quindi zompetta decisa sulle note della ledzeppeliniana “Five And Two”, modulando qualche iniezione di grunge, psichedelia e stoner nel suo impasto di orecchiabile hard rock.
Il vero incanto arriva però sulle tonalità rilassate, quando si svela appieno la cifra intimista della formazione, già emersa del resto in “Sounds Of Green & Blue”. Viene da pensare, ascoltando il calmo fluire di note di una “My Blue Veins”, che i The Lotus Effect sarebbero degni compagni di tour di gente come Baroness e Pallbearer, oppure dei già citati Graveyard.
Un punto di incontro tra ardori hard rock, il calore di certo folk cantautorale, un raccontarsi da placida provincia: un qualcosa che diversi gruppi di oggi maneggiano con cura, rispetto per la tradizione e la tendenza a prendersi un po’ di calma e respiro, in questo mondo terribilmente velocistico.
L’attitudine pacata dei londinesi diverge in ogni caso dai nomi sopra citati, non fosse altro per come questo aspetto meno impetuoso diventi preponderante e le atmosfere da ballata d’altri tempi vadano a costituire la fetta più importante dell’identità di “Fortune’s Always Hiding”. Splendide in questo ambito “Stay With Me” e “I Disappear”, entrambe sviluppate tra ricami elettroacustici e interventi pianistici, con un tocco e una padronanza di queste situazioni davvero notevoli. Ha modo di esprimersi al meglio in queste circostanze anche la voce di Josh Neuwford, graffiante, carica di sentimento e con un timbro che può ricordare sia il classic rock più datato, sia alcuni interpreti del grunge novantiano.
In virtù, inoltre, della sua durata contenuta – poco sopra i quaranta minuti – questo è un album che scorre via che è un piacere, portando facilmente a ripetere l’esperienza, un’ideale colonna sonora per rialzare le sorti di una giornata sballata o un po’ grigiastra, come spesso può accadere nello slalomeggiare furioso e insensato tra le incombenze quotidiane. Gran gruppo, i The Lunar Effect, che speriamo possa pure godere di un balzo in avanti in termini di popolarità. Senza snaturarsi, si intende…
