7.5
- Band: THE LURKING FEAR
- Durata: 00:38:08
- Disponibile dal: 19/11/2021
- Etichetta:
- Century Media Records
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Per certi veterani del panorama svedese, il death metal è una sorta di maledizione che non si riesce a staccarsi di dosso. Non bastano gli impegni con band ormai enormi e l’inesorabile scorrere del tempo: la voglia di lanciarsi in un ennesimo nuovo progetto e di suonare con gli amici di una vita in qualche modo riemerge sempre. È così quindi che in questa seconda prova dei The Lurking Fear si respirano ancora quello spirito ribelle e quella disinvoltura che caratterizzavano la scena dei primi anni Novanta. Tomas Lindberg, Andreas Axelsson, Fredrik Wallenberg, Adrian Erlandsson e Jonas Stålhammar hanno probabilmente composto centinaia di canzoni in carriera, eppure ancora oggi riescono a trovare la motivazione e l’ispirazione per confezionare un album come “Death, Madness, Horror, Decay”, secondo capitolo discografico di un progetto nato per divertimento, ma che sta lentamente dimostrando di avere le carte in regola per reggere la prova del tempo. Il successore del debut “Out of the Voiceless Grave” arriva dopo quattro anni di silenzio e ci ripresenta una formazione la cui linfa creativa appare intatta, se non addirittura rinvigorita, come se la fame e la frenesia dei cinque svedesi si fossero leggermente evolute, trasformate in un sentimento più conscio e maturo ricco di sfumature differenti.
Certo, il sound è sempre quello, assolutamente radicato nel death metal dei tardi anni Ottanta e dei primissimi Novanta, ma il songwriting appare più curato, cosa che si traduce in canzoni meglio caratterizzate, in cui spesso si può notare il particolare tocco dei musicisti coinvolti. Ci troviamo insomma al cospetto di materiale che continua a prendere le mosse dai capisaldi di Death e Autopsy, ma che lascia emergere anche l’estro di musicisti che – lo ricordiamo – hanno messo la firma su dischi di gruppi chiamati At The Gates, Edge Of Sanity, God Macabre, ecc. Dopo pochi ascolti si comprende dunque quanto quello che abbiamo tra le mani non sia un disco buttato lì, realizzato per dovere contrattuale: brani come “Funeral Abyss” e “In a Thousand Horrors Crowned”, pur con le loro strizzate d’occhio ai pionieri del genere, azzeccano ogni cambio di tempo e svelano una punteggiatura melodica estremamente calibrata, che percorre come un fiume carsico tutto lo sviluppo del pezzo. Al di là di una pillola di pura ignoranza e frenesia come la brevissima “Death Reborn”, troviamo quindi tracce più corpose e costruite, in cui si scovano quasi sempre sostanziali cambi di passo creativi, oltre al giusto omaggio alla tradizione.
Spesso, anche a ragione, ci si approccia alle cosiddette “all star band” con un po’ di scetticismo, ma questo secondo album dei The Lurking Fear concede pochi appigli alle critiche: siamo davanti a un lavoro onesto ma soprattutto molto concreto, confezionato da dei veterani che non hanno fatto altro che suonare come sanno fare, stando ben attenti alla qualità delle composizioni. L’unico vero appunto può forse essere fatto al buon Tomas Lindberg, la cui voce inizia a soffrire il peso degli anni: purtroppo il suo screaming è sempre più basso e ovattato, tanto che a tratti sembra quasi di ascoltare una versione death metal di Roger Miret degli Agnostic Front. Si tratta tuttavia di un neo perdonabile, che certo non frena troppo la spinta di un disco che cresce con gli ascolti e che soprattutto conferma le quotazioni artistiche di un progetto che vuole costruirsi una propria reputazione e farsi apprezzare sul lungo periodo.