7.0
- Band: THE MAN-EATING TREE
- Durata: 00:49:43
- Disponibile dal: 11/04/2025
- Etichetta:
- Noble Demon Records
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In questo ritorno dei The Man-Eating Tree ci sono senz’altro degli elementi di primo acchito controversi: innanzitutto il fatto stesso di ripresentarsi, dopo un decennio e dopo un album non memorabile come “In The Absence Of Light”, ma stiamo pur sempre parlando di musicisti di prim’ordine della scena gothic metal finlandese, che possono vantare ottimi riscontri ricevuti nel corso degli anni.
Pure l’intenzione di ritornare con il terzo cantante diverso in tre album non depone a loro favore, ma il nuovo arrivato Manne Ikonen, proveniente dai Ghost Brigade, dal timbro caldo molto simile a quello di Lazare dei Solefald, sa il fatto suo, e risulta quindi un’ottima scelta per il gruppo di Oulu.
Inoltre l’insistere su un genere musicale che ha vissuto i suoi momenti di gloria ormai decenni fa non rappresenta una nota di merito, ma siamo in tempi di revival totale e quindi da un certo punto di vista anche su questo i The Man-Eating Tree non sbagliano.
Assolutamente non controverse invece le prestazioni dei singoli musicisti in sede di arrangiamento e registrazione: impeccabili, come impeccabile è anche il suono in generale, nitido, cristallino, ma non necessariamente freddo e asettico.
I punti di riferimento non sono cambiati poi molto rispetto agli album precedenti, e parliamo principalmente dei gruppi del giro dei vari musicisti, passati e presenti, che si sono succeduti in organico: Sentenced, Poisonblack, Entwine; ma anche di molto altro gothic metal, doom e death melodico nord europeo: nei momenti migliori i The Man-Eating Tree ricordano il death-doom melodico e progressivo di Amorphis e Green Carnation, su cui è possibile percepire talvolta lo spettro dei Creed – riferimenti d’eccezione che di certo fanno drizzare bene le orecchie agli appassionati di lunga data. Ulteriori similitudini si posso trovare anche nelle buone recenti uscite di Dawn Of Solace e Helevorn, ma, tirando le somme, l’ugola di Manne Ikonen porta la proposta dei The Man-Eating Tree su coordinate molto contigue ai Ghost Brigade, che risultano quindi essere, per la gioia dei fan orfani del gruppo scioltosi definitivamente nel 2020, il riferimento più ovvio.
L’accuratezza tecnica, la cifra stilistica addottata, molto improntata sulle atmosfere malinconiche e soffuse, il curriculum dei musicisti coinvolti possono essere più che sufficienti per promuovere l’album; ciò che sembra ogni tanto mancare è un po’ più di qualità nella scrittura, al netto di un certo grado di soggettività che comunque implica un giudizio di questo tipo. Troppo innocue, le canzoni tendono a scivolare via senza lasciare grosse tracce, se non la costante atmosfera melliflua e malinconica, che certo caratterizza il genere, ma che relega a tratti lo sforzo compositivo a un semplice e discreto sottofondo musicale.
Laddove i finnici cercano di discostarsi dalle solite formule, il risultato appare leggermente poco fluido, a causa delle varie parti un po’ slegate fra loro, ma mai abbastanza imprevedibili da stupire veramente l’ascoltatore e tenere alta l’attenzione. Meglio quando si affidano totalmente al classico e all’orecchiabilità pura e semplice, come su “Days In The Dark”, “All Our Shadows” e “Ruins Of Insanity”, dove il cantanto convince appieno e cesella dei pezzi ottimamente riusciti.
Volendo pescare qualcos’altro che si elevi dal mazzo, vale la pena citare anche le due lente “To The Sinking” e l’ultima “Reflections” in cui il gusto per le atmosfere evocative dei finlandesi emerge nettamente, e questo sembra essere il loro principale punto di forza.
L’utilizzo saltuario della voce growl, di per sé ben impostata e integrata nel suono, non dona comunque granché alle composizioni o risulta del tutto ininfluente o addirittura fuori luogo, ma l’alternanza fra i due stili di canto rimane un pilastro del genere, al quale risulta evidentemente difficile rinunciare.
I riff non sempre sono incisivi, ma è molto bello ad esempio quello di “Seer,” e in generale le chitarre del membro fondatore Janne Markus – anche nei Poisonblack – e del nuovo Sakke Paavola hanno un suono azzeccato per la proposta e appagante all’orecchio; asciutta, essenziale e giustamente al servizio delle canzoni la sezione ritmica, costituita dal bassista dei Mors Subita Mika ‘June’ Juttila e dal batterista Aksu Hanttu, ex Entwine. Le melodie vocali appaiono ogni tanto veramente troppo semplici e prevedibili, ma nella semplicità risede talvolta il segreto di un buon pezzo.
Troppo poco per innalzare il disco nell’olimpo dell’eccellenza, ma, al di là dei punti critici sollevati, questo “Night Verses” rimane un lavoro piacevole e coinvolgente, che può riportare i redivivi The Man-Eating Tree in carreggiata.