7.5
- Band: THE MODERN AGE SLAVERY
- Durata: 00:40:19
- Disponibile dal: 28/11/2008
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
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Presentati da una cover a dir poco disturbante e trasudante sofferenza da ogni pixel e da un prestigioso contratto con la valida Napalm Records, eccoci piombare tra capo e collo, con rabbia inumana, gli italianissimi The Modern Age Slavery, combo sorto dalle ceneri degli ottimi metal-corer Browbeat ed ora pronto a massacrarci senza tanti compromessi. Il gruppo è nato circa un anno e mezzo fa e non facciamo fatica a comprendere, dopo aver ben assimilato questo “Damned To Blindness”, come abbia fatto in così poco tempo ad essere già nel giro che conta: il disco è una manata in piena faccia, di un’urgenza espressiva quasi spasmodica, al passo coi tempi ma anche con un flavour leggermente retrò che mette bene in chiaro come i cinque emiliani non siano affatto dei pivelli. Parliamo di death metal tecnico e moderno dalle forti tinte –core, che va a pescare un po’ a destra e a manca tra Despised Icon, Job For A Cowboy, Decapitated e Aborted, senza dimenticare i contorti estremismi di gruppi quali i Cephalic Carnage. La produzione di Simone Mularoni, svoltasi ai Fear Studios di Alfonsine, è davvero killer: cruda quanto basta per rendere annichilente l’assalto micidiale dei The Modern Age Slavery, ma anche pulita e precisa per mettere in evidenza la bravura di musicisti che sanno certamente il fatto loro. Alle pelli Gregorio Ferrarese non sbaglia un colpo, tra blastbeat assassini e passaggi intricati; le asce di Luca Cocconi e Simone Bertozzi (attivo anche nei prog-thrasher Empyrios) si inventano riff sempre avvincenti e stacchi al fulmicotone, per poi magari lasciar spazio a sporadici breakdown di cemento armato, sempre ben assistite dal puntuale basso di Mirco Bennati; menzione particolare, infine, per il vocalist Giovanni Bestelli, autore di una prestazione parossistica e assolutamente potente, da vero talento naturale. In quaranta minuti di disco – la durata ideale – tutte le armi dei The Modern Age Slavery vengono schierate sul campo di battaglia: si passa dalle convulse “Red Lines Of Obsessions”, “Descent To Oblivion” e “Damned To Blindness” alle più ‘compassate’ “Drop By Drop”, “Purple” e “The Sublime Decadence Of An Era”, per arrivare in fondo con l’anthemica distruzione affidata a “The Modern Age Slavery” e alla cover di “Wolverine Blues” degli Entombed, quasi superflua in mezzo a cotanto spargimento di sangue. Una graditissima sorpresa, dunque, per tutto il movimento estremo italiano, che certamente trova esemplare esponente in questa formazione da ascoltare a tutti i costi. Fatevi schiavizzare senza problemi!