THE MODERN AGE SLAVERY – Stygian

Pubblicato il 25/11/2017 da
voto
7.0

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Al decimo anniversario di attività, i reggiani The Modern Age Slavery, arrivano al traguardo del terzo full-length, non un ritmo serratissimo visti i tempi che corrono, ma una media dignitosa specie se si considera la qualità del materiale proposto: sempre buoni dischi, ben scritti e congegnati nonché estremamente curati nei minimi dettagli. I death metallers emiliani si sono trovati al cospetto anche con un cambio di line-up abbastanza importante, con l’abbandono dello storico chitarrista Simone Bertozzi, rimpiazzato da Ludovico Cioffi dei Nightland, e con l’arrivo dietro alle pelli di Federico Leone (Ever-Frost, Logical Terror, ex Subhuman). Il death metal del combo emiliano è sempre stato di stampo moderno, e stavolta i Nostri si sono concentrati maggiormente su composizioni maggiormente evocative e sinfoniche, dimostrando di aver in qualche modo appreso le lezioni impartite da uno dei gruppi più importanti italiani, almeno in ambito estremo, ovvero i Fleshgod Apocalypse. La opening track, per esempio, è una sorta di dichiarazione di intenti, con queste tastiere in primo piano e quel chorus melodico piazzato nel finale del brano. Il pezzo comunque funziona e, una volta superato lo shock iniziale, diventa godibile, a patto di non aspettarsi le scorribande sanguinarie alla Aborted degli album precedenti. Segue il singolo, “Miles Apart”, anche in questo caso parliamo di un pezzo che strizza l’occhio a un’atmosfera più cupa e introspettiva e meno muscolare. “Prelude To An Evolution” è un breve intermezzo strumentale che poco aggiunge,di cui in tutta sincerità non abbiamo capito l’utilità. “Regression Through Unlearning” è una canzone piuttosto particolare, che impiega un minuto e mezzo per partire, introdotta da un riff lento e piuttosto controtempato, che si dipana in un’apertura sinfonica che ci ha ricordato certi Dimmu Borgir (era “Death Cult Armageddon”), per poi ritornare sullo stesso riff iniziale e chiudersi in questa atmosfera blackeggiante ricca di suoni sitetici. Un pezzo un po’ ambiguo per la verità, quasi inconcludende oseremmo dire. La cover di Sandblasted Skin dei Pantera è, come al solito, perfettamente riuscita: riarrangiata in maniera personale e con il giusto rispetto per il pezzo originale. “The Hollow Men” è forse uno dei brani più strettamente death metal del platter, veloce, adrenalinico, moderno, funzionale e formalmente perfetto ma per la verità non particolarmente incisivo, così come il successivo “The Place We Call Home” dove l’atmosfera questa volta è più marcatamente sinfonica. In “The Reprisal Within” compaiono per la prima volta i classici riffoni pachidermici deathcore, a parere di chi scrive questo è forse uno dei brani più riusciti in quanto riesce a mettere pienamente in mostra sia gli elementi di forza dei The Modern Age Slavery, ovvero la loro potente muscolarità e il groove, con queste aperture sinfoniche e classicheggianti. “The Theory Of Shadows” sembra essere il proseguo di questo discorso con queste cavalcate di doppia cassa ad accompagnare un tappeto di sintetizzatori e riff death/black, intervallato da un bello stacco cadenzato. “Stygian” è un disco un po’ controverso, che potrà riscuotere un buon successo e portare nuovo pubblico al gruppo ma che, per contro, potrebbe scontentare qualche ascoltatore più affezionato alle bordate di adrenalina dei precedenti lavori. Quello che è lampante è che si tratta di un album coraggioso e per molto versi certamente è lodevole l’intento di non fossilizzarsi e non ripetersi; in questo i The Modern Age Slavery hanno sempre dimostrato grande attitudine al cambiamento e alla volontà di cercare di migliorarsi sempre. Per quanto riguarda la valutazione complessiva: nell’esprimerla per forza di cose, subentrano vari fattori tra cui anche i gusti personali di chi scrive nell’essere appassionato di un genere piuttosto che di un altro, tuttavia, cercando di essere il più imparziali possibile, dicendo i Nostri siano stati capaci di scrivere album migliori nel loro genere di competenza rispetto a questo, non crediamo di dire un’eresia. Che sia una direzione estemporanea oppure un nuovo inizio, questo lo scopriremo nelle prossime puntate. Quel che è certo è che questi ragazzi un ascolto lo meritano sempre.

Nota: la band ci comunica che, per un errore indipendente dalla loro volontà, l’ordine delle canzoni del disco che abbiamo ricevuto, sarà differente rispetto a quella che verrà distribuita ufficialmente. Ovviamente la nostra recensione è basata sul disco così come lo abbiamo ricevuto.

 

TRACKLIST

  1. A Stygian Tide
  2. Miles Apart
  3. Prelude to an Evolution
  4. Regression Through Unlearning
  5. Sandblasted Skin (Pantera Cover)
  6. The Hollow Men
  7. The Place We Call Home
  8. The Reprisal Within
  9. The Theory of Shadows
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