THE OSSUARY – Requiem For The Sun

Pubblicato il 20/05/2025 da
voto
8.0
  • Band: THE OSSUARY
  • Durata: 00:43:10
  • Disponibile dal: 23/05/2025
  • Etichetta:
  • Supreme Chaos Records

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“Requiem For The Sun” è il nuovo album di inediti dei The Ossuary, il quarto del loro finora mirabile percorso; un titolo che più doom non si può, assolutamente appropriato considerando il contenuto della proposta, e in linea con quanto già prodotto dai pugliesi, ma con alcune novità e differenze che cercheremo di sviscerare.
Il disco prende principalmente slancio dalla Bibbia del genere, “Master Of Reality” dei Black Sabbath, e dal’heavy rock e dal rock psichedelico settantiano, ma questo vale per la stragrande maggioranza dei gruppi doom contemporanei, e quindi sarà per forza di cose necessario andare un po’ più in profondità.
I vari passaggi strumentali presenti in tutti i brani – parliamo più che altro di assoli di chitarra – rimandano soprattutto ai dischi dei Judas Priest di fine anni Settanta, “Stained Class” e “Killing Machine” e arricchiscono le canzoni, soprattutto grazie all’ottimo gusto di Alex Nespoli. nuovo entrato in formazione, chitarrista di indubbia classe e preparazione tecnica.
Gli accenti epic doom che si riscontravano negli album precedenti, e che potevano rimandare ai Gates Of Slumber, vengono leggermente ridimensionati, in favore di un avvicinamento allo stoner rock; si rileva in generale nel disco un umore a metà strada tra lo psichedelico e il malinconico. La voce del sempre ottimo Stefano Fiore, che in passato poteva ricordare, per timbro e grinta blues, Ian Gillan, rimanda ora ai pezzi dei Mastodon cantati da Brann Dailor o ai Baroness; menzione speciale merita anche la batteria di Max Marzocca, di grande esperienza, gusto e perizia; membro fondatore anche della storica death metal band pugliese dei Natron, come Alex Nespoli alla chitarra riesce a trasmettere una grande padronanza dello strumento senza dover per forza proferire diluvi di note. La perfetta resa sonora dell’album, i volumi calibratissimi, la ricerca dell’essenziale in fase di scrittura e arrangiamento, il cantato carismatico fanno venire in mente i Villagers Of Ioannina City, stanziati proprio al di là del mare, nella Grecia occidentale.
L’album si inaugura con la sabbathiana “Sacriface”, pezzo semplice e diretto che fa subito drizzare le orecchie, ma va via via ad acquistare maggiori sfumature e dettagli, come ad esempio un sapiente uso dei sintetizzatori, a partire dalla sognante “Wishing Well”, degli arpeggi acustici, come sulla soffusa title-track, di accenti gothic rock su “Volume Of Void”, fino a sfociare nell’opulenza della suite finale “Eloise”, che riassume i temi principali dell’album, citando in più di un passaggio i Mastodon. Ma sono diversi i rimandi a canzoni e gruppi della storia del metal, sempre colti e di alto spessore, disseminati lungo i solchi del disco, ed è assolutamente gustoso andarli a scovare: i Pink Floyd di “Another Brick In The Wall, Part. 2” nelle linee vocali di “Altar In Black”, gli Iron Maiden di “Revelations” nell’introduzione strumentale di “Far From The Tree”, “Return To Serenity” dei Testament nelle strofe della title-track, i Blue Öyster Cult di “Don’t Fear The Reaper” su “Volume Of Void”. Doveroso sottolineare come questi momenti celebrativi non diano mai la sensazione di plagio, perché il marchio di fabbrica dei Nostri è sempre ben presente e il suono curato e peculiare di questo nuovo “Requiem For The Sun” costantemente distinguibile.
Non si riscontrano cali di tensione, tutte le canzoni sono coinvolgenti, interessanti e ben riuscite: non ci sono riempitivi, alcun passaggio superfluo o ridondante, i The Ossuary vanno dritti al sodo, ma senza eccessiva fretta né furore; si prendono i loro tempi e sfoggiano prestazioni di gran classe e sostanza e, pur professando un genere dai connotati classicamente settantiani, possono vantare un respiro fresco, contemporaneo e internazionale che li rende assolutamente competitivi, anche in virtù di una spiccata personalità che riesce a tenerli ben lontani dalla qualifica di gruppo semplicemente derivativo.
Emergere in un panorama così affollato come quello del doom non è facile, e, di anno in anno l’asticella si alza ulteriormente, in linea con le aspettative degli appassionati sempre più esigenti, ma i baresi hanno tutte le carte in regola per togliersi più di una soddisfazione.
Difficile dire se anche stavolta siano riusciti a superare loro stessi, considerando l’alto valore dei dischi già pubblicati, ma senz’altro rimangono sui loro elevati standard compositivi, e migliorano a livello di suono generale, che risulta più maturo, e che permette loro di tenere il passo della concorrenza e mantenere così lo status di gruppo di punta del metal tricolore.
È un vero piacere avere l’opportunità di rimarcare la bravura di un gruppo di connazionali, e di sottolineare la qualità di una scena troppo spesso bistrattata, soprattutto qua da noi, quando invece ha le carte in regola per dire la sua nel panorama ormai globale della musica pesante. Giusto segnalare le manchevolezze, il provincialismo, la poca professionalità quando purtroppo capita di imbattervisi (anche come sprone a migliorare le cose), ma è ancora più giusto dare a Cesare ciò che è di Cesare: i The Ossuary meritano senz’altro più di un encomio per questa loro nuova fatica e per quanto prodotto finora.

N.B.: Recensione aggiornata in seguito alla pubblicazione; corretto il nome del chitarrista che ha registrato l’album, Alex Nespoli, che sostituisce Domenico Mele.

 

TRACKLIST

  1. Sacriface
  2. Altar In Black
  3. Far From The Tree
  4. Wishing Well
  5. The Others
  6. Requiem For The Sun
  7. Volume Of Void
  8. Eloise
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