7.0
- Band: THE POODLES
- Durata: 00:42:47
- Disponibile dal: 27/03/2015
- Etichetta:
- Gain Records
- Distributore: Sony
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Gli ultimi due lavori dei The Poodles furono un po’ criticati da noi. Non che si trattasse di album brutti o deboli, solo che sia “Performocracy” che “Tour De Force” avevano il difetto di presentarci due o tre pezzi bomba e poi qualche brano meno memorabile, il quale finiva per lasciare l’impressione di prodotti mediamente buoni, ma che non affondavano il pugnale a fondo quanto avrebbero dovuto. Non ci davano la scossa, quindi… ma siamo felici di dirvi che con questo “Devil In The Details” la scossa è arrivata! L’impressione che ci derivava dall’ascolto dei due lavori sopracitati era che la band svedese stesse attraversando un periodo di involontario rilassamento, periodo che li aveva portati col tempo a cercare di osare un po’ di meno e ad adagiarsi sulle caratteristiche cui si sentivano forti. Col il presente sesto album ci troviamo invece in presenza di un prodotto più coraggioso e vario, in grado però di mantenere la qualità compositiva e l’approccio radiofonico e orecchiabile che gli finora gli ha portato così fortuna. L’accoppiata iniziale “Before I Die” e “House Of Cards” è veramente solida e ricorda per certi versi i momenti migliori dei Gotthard, presentadoci un sound eterogeneo, in grado di spaziare dall’ heavy cromato della prima alle bellissime linee melodiche della seconda. L’intro più meditato della melodicissima “The Greatest” ci dona un attimo di rilassamento, buono per goderci ancora per qualche minuto il ricordo della splendida traccia precedente e per apprezzare l’andamento corale che questa traccia invece ha. Le sonorità si fanno più moderne con la frizzante “Crack In The Wall”, che ha il sapore dei pezzi più belli degli ultimi due album dei The Poodles, mentre i ritmi spezzati e funkeggianti di “(What The Hell) Baby” introducono quell’ecletticità della cui mancanza negli altri lavori criticavamo in apertura. “Everything” è un più anonimo brano hard rock, ma anche in questo caso non possiamo passare di filler a causa del bel ritornello e dei suoni di tastiera sospettosamente moderni. Con “Stop” ritorniamo a ritmiche non così attese da parte dei The Poodles, e sulle note frizzanti di questa allegra canzone raggiungiamo con interesse il passaggio successivo: “Need To Believe”. Gotthardiana non solo nel titolo; la traccia in questione si fa più lenta e marziale, ma convince ancora grazie al buon lavoro effettuato dalle chitarre nei frangenti più pesanti. “Alive” e “Creator And Breaker” mantengono su buoni livelli il tiro prima che “Borderline” chiuda con un inaspettato fuoco d’artificio finale l’album, ponendosi tra le nostre preferite insieme a “House Of Cards”. Questa nuova versione dei The Poodles così vicina ai Gotthard di “Domino Effect” e “Lipservice” ci piace e ci convince, e ci spinge finalmente a mettergli un bel sette, senza criticare più gli sporadici scivoloni o la mancanza di spunti nuovi. Con l’azzeramento dei primi e l’introduzione dei secondi, stavolta hanno fatto poker. Chissà che, al prossimo album, non arrivi magari la scala reale…