7.5
- Band: THE PRETTY RECKLESS
- Durata: 00:50:25
- Disponibile dal: 12/02/2021
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Sony
Spotify:
Apple Music:
Al netto della perspicace furbizia nella scelta delle copertine, dove si sfruttano facilmente le grazie della propria cantante Taylor Momsen per sobillare fantasie di ogni tipo, i The Pretty Reckless sono cosa serissima. Nulla a che spartire con l’immaginario di canzonette e melodie chewing-gum che la cover di “Death By Rock And Roll” farebbe presagire. Bene chiarirlo, per chi non abbia avuto finora il piacere di confrontarsi con la loro musica, capace di guadagnarsi credibilità e successo superando pettegolezzi e pregiudizi derivanti dall’avere una provocante signorina come la Momsen quale frontwoman. Il primo singolo, la titletrack, nei mesi scorsi ha già avuto il compito di rispettare una tradizione della casa, ovvero issarsi al primo posto delle chart rock americane, salvaguardando quell’appeal guadagnato con i primi tre dischi. Lanciatissimi fino al tour in compagnia dei Soundgarden nel 2017, proprio in conseguenza della morte improvvisa del loro leader Chris Cornell, successivamente a una delle date della tournee, la band è entrata in una fase di smarrimento. Acuita dalla morte, neanche un anno più tardi, del loro produttore, amico di lunga data – praticamente un quinto membro della formazione – Kato Khandwala. Un lutto che ha inceppato gli ingranaggi del gruppo, fino a quel momento in rapida ascesa.
Trovandosi a tu per tu con difficoltà che stavano per annichilirne le ambizioni musicali, il duo Momsen-Phillips, il motore creativo dei The Pretty Reckless, è riuscito a risollevarsi e a iniziare il percorso che l’avrebbe portato alla composizione di “Death By Rock And Roll” nella sua interezza. Un album che ha la sua forza nella componente intimistica, nel suo incorporare sonorità e atmosfere blues senza risuonare come una delle innumerevoli compagini retrò hard rock popolanti la scena musicale odierna. Se vogliamo, il primo singolo, per quanto di valore, non è affatto orientativo per capire quale sia il filone stilistico del disco. A dirla tutta, un filo conduttore così forte a unire le tracce non c’è: a brillare è l’eclettismo, la manipolazione della melodia con gusto e intelligenza, per concedere il necessario respiro ai riff carichi di feeling di Phillips o alla voce matura, calda, a volte increspata, della Momsen, interprete adulta, profonda, ben lontana dalle apparenze frivole con cui si presenta nel materiale promozionale. Il disco spara i suoi botti ‘elettrici’ in apertura, riservandosi una dimensione confidenziale, a cuore aperto, nella sua seconda parte, quando prende piede la propensione a ballate che diffondono atmosfere di un’America profonda, rurale, lontana da sofisticazioni e modernità.
Ecco allora che nella seconda posizione della tracklist abbiamo il chorus a rapido contagio di “Only Love Can Save Me Now”, che tradendo l’intento melenso del titolo presenta una struttura nervosa, una grinta inquieta e un tambureggiare che poco concede a melodie-fast food. Un brano scuro e sofferto, che esplode nel roboante refrain e va infiammandosi nella seconda parte, quando la penombra iniziale viene squarciata da un assolo imbizzarrito e i ritmi si fanno relativamente più concitati. Come adrenalinica si presenta “And So It Went”, sulla quale opera anche l’ospite Tom Morello, canzone scatenata e spruzzata di punk, che si segnala per un dolce stacco acustico nel mezzo e un coro di fanciulli verso la coda, per enfatizzare un ritornello già di suoi molto efficace. “25” annuncia il passaggio a una dimensione riflessiva, suona come un confessionale della cantante, ricamato su sue voglie cantautorali che gli arrangiamenti a base di effetti elettronici, sinfonie di sottofondo e percussioni ovattate esaltano al meglio. Per chi scrive, la canzone migliore dell’album. Non che da qui in avanti si vada in calando, affatto.
“My Bone” permane nell’oscurità e alza il tiro quanto a pesantezza, una marcia metallica che sa di metal americano moderno; dura, spigolosa, tesa, ha nella cassa ossessiva e in un micidiale riff portante i suoi punti di attrazione. Ottima e camaleontica, di nuovo, la prestazione della Momsen. “My Bones” stacca la presa elettrica e asseconda il minimalismo chitarra acustica-voce, una situazione interpretata con passionalità vintage, attenzione per l’espressività di ogni piccolo fruscio e parola pronunciata. Toccante, come lo sono su questo fronte anche “Standing At The Wall” e “Rock And Roll Heaven”, una lievissima e soffusa, l’altra più briosa, molto tradizionale nella struttura e nell’interpretazione, ammaestrata da voci principali e cori alludenti al soul. Infine “Harley Darling”, l’armonica, una ballata dal sapore country e un odore di fragrante nostalgia, quel che serve per un commiato distensivo a un disco intenso, scritto e suonato col cuore in mano e zeppo di ottime canzoni.