voto
7.0
7.0
- Band: THE RED SHORE
- Durata: 00:58:00
- Disponibile dal: 03/09/2010
- Etichetta:
- Listenable Records
- Distributore: Audioglobe
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I The Red Shore sembrano sempre più dei nuovi Job For A Cowboy. Non tanto per lo stile – anche se qua e là qualche riff in comune ce l’hanno – quanto per l’evoluzione di cui si stanno rendendo protagonisti. Partiti qualche anno fa come gruppo metal/death-core, i ragazzi australiani hanno ben presto deciso di indurire il loro sound, finendo per sconfinare del tutto in territori death metal. Il debut "Unconsecrated" aveva fatto intuire dove i nostri volevano andare a parare, tuttavia questo nuovo "The Avarice Of Man" finisce per rappresentare comunque una sorpresa, dato che, pur tenendo presente il costante inasprimento della loro musica, non ci si aspettava un’opera tanto oscura ed heavy. La prima cosa a colpire è il riffing di chitarra: tecnico, pesantissimo, a tratti anche dissonante; modellato su influenze che vanno dagli Immolation agli Ulcerate, passando per Decapitated e Meshuggah nelle parti più cadenzate. Come accennato in apertura, su questo fronte, giusto qualche riff un pochino più snello e lineare (accostabile ai JFAC o ai Through The Eyes Of The Dead) fa supporre la giovane età e il background del quintetto. Poi le strutture e la durata dei brani: molto complesse le prime, mediamente lunga (4/5 minuti) la seconda, tanto che l’intero album arriva a sfiorare i 60 minuti! In sintesi, se con "Unconsecrated" il gruppo aveva abbracciato stilemi death metal, con questo nuovo lavoro i nostri li hanno fatti definitivamente loro e si sono spinti persino oltre, visto che certe trame sono talmente soffocanti da risultare poco digeribili anche per un fruitore abituale di metal estremo. Sotto questo punto di vista, i The Red Shore dovrebbero forse cercare di contenersi un po’, in quanto a volte capita che delle soluzioni notevoli si perdano in un mare di blast-beat, break e contro-break non sempre utilissimi… cosa che fa perdere ad alcuni brani una buona parte della loro efficacia. Inoltre, anche una maggiore capacità di sintesi non guasterebbe affatto, dato che un’ora di death metal quadrato e cupissimo come quella in questione è decisamente troppa. Con un quarto d’ora in meno, "The Avarice Of Man" avrebbe probabilmente fatto una figura ancora migliore. In ogni caso, si tratta probabilmente di peccati di esperienza, che la band potrebbe rifinire già sul prossimo album. Il disco, comunque, ha dalla sua già diversi spunti degni di interesse e i fan del death metal moderno potrebbero già trovarlo un ascolto avvincente. Se non temete la sua durata, fatevi avanti.