
6.5
- Band: THE RISEN DREAD
- Durata: 00:36:55
- Disponibile dal: 13/06/2025
- Etichetta:
- Time To Kill Records
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Stanziati a Dublino, Irlanda, in realtà i The Risen Dread portano 3/4 di Brasile tra le verdi colline dell’Eire, ancor più da quando il batterista Marcos Batata ha sostituito il precedente e autoctono Colum Cleary. Difatti, in questo loro secondo disco, intitolato “Death From Above”, tutto si sente fuorchè richiami musicali alla storia d’Irlanda, al folk metal di Cruachan e Waylander, al black metal progressivo e ancestrale dei Primordial, tanto per citare le più famose realtà metalliche provenienti dalla nazione dello ‘shamrock’, il trifoglio patriottico. Poco importa, comunque, non è certo obbligatorio per un gruppo attingere alla cultura e al folclore del proprio paese, se un lavoro è piacevole lo è a prescindere dalla provenienza. Non è questo il caso – o perlomeno non lo è completamente – quando andiamo a trattare “Death From Above” dei The Risen Dread.
L’album è formalmente buono e piacevole, ecco perchè qui sopra trovate un’abbondante sufficienza, ma ciò non basta per farci esimere dal porre in evidenza la banalità e la ripetitività di un songwriting impersonale e già sentito mille altre volte, e che scimmiotta senza un briciolo di personalità decine di altri gruppi. Non sono i soli a farlo, sia chiaro, ma dopo un debutto semi-promettente quale “Night Hag” (2022), ci si aspettava francamente di più da questo quartetto.
Siamo su oneste coordinate thrash-death metal bagnate da doverose spruzzate metalcore, passaggi nel melo-death e nel melo-black e ‘groovate’ assortite, insomma un classico minestrone di metal estremo ad almeno 320 gradi, trentacinque minuti da ascoltare una manciata di volte (esageriamo: tre, se va bene!) e poi archiviare nel calderone dei brodini riscaldati.
Non possiamo troppo criticare, però, le discrete prestazioni di Marco Feltrin al microfono, di William Ribeiro alla chitarra e della coppia ritmica Maher/Batata: presi individualmente fanno il loro, è la somma del tutto che dice poco oltre la sufficienza, oltre il contesto imperante di ‘trito e ritrito’ che emana dai solchi di “Death From Above”, lavoro per completisti e che ci sentiamo di consigliare esclusivamente a chi davvero ha tempo da perdere e curiosità instancabile.
Ripetiamo, il voto pare certo più magnanimo rispetto alle parole che stiamo buttando giù, ma nell’assegnare la valutazione abbiamo cercato di uscire un po’ dal gusto personale, regalando almeno un voto pieno ai The Risen Dread. Per quanto ci riguarda soggettivamente, invece, si passa oltre in fretta e, sebbene ci siano almeno quattro episodi validi – la più diversa “Azadi”, “Circle Of The Damned”, il singolo “A Conversation With God” e “Slay” – il succo spremuto da “Death From Above” è parecchio povero di nutrienti.
Decapitated, Lamb Of God, i padri Slayer, Sepultura in sede di assolo soprattutto, altre cento formazioni: sapete cosa trovarvi di fronte, a voi la scelta se approfondire o meno l’inutilità.