6.5
- Band: THE SKULL
- Durata: 00:23:37
- Disponibile dal: 21/01/2016
- Etichetta:
- Tee Pee
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A ruota del primo full-length rilasciato a novembre 2014, “For Those Which Are Asleep”, i The Skull mettono sul mercato un EP omonimo, un modo per ribadire la voglia di doom di un ensemble giovane nel percorso comune, non di certo nel vissuto dei musicisti coinvolti. Sono della partita l’ex batterista dei Pentagram Sean Saley, il chitarrista dei Sacred Dawn Lothar Keller, la recente new entry all’altra ascia, RobWrong dei Witch Mountain, l’ex bassista dei Trouble Ron Holzner. Infine, la principale ragion d’essere della band, lo storico cantante dei Trouble medesimi Eric Wagner. Il suo nuovo gruppo, il cui monicker riprende quello del masterpiece del 1985, gioca convinto sull’effetto revival, suonando materiale dalle prime release del combo d’origine del singer e del bassista. Con questo EP si calca la mano, andando proprio a stimolare un confronto fra i Trouble odierni e questa loro costola. L’ep è formato infatti da due inediti (“The Longing”, “A New Generation”), due cover di brani presenti in “Trouble” (“Assassin”) e “The Skull” (l’eponima) e un altro estratto live (“Till The Sun Turns Black”). Per quanto riguarda gli inediti, si tratta di doom all’antica di grande trasporto, pulsante di energia rock’n’roll come si usava negli anni ’80 negli Stati Uniti. Una corrente di pensiero, la stessa dei Saint Vitus del resto, che andava a deprimere e scuotere in eguale misura, poggiandosi su riff pastosi in procinto di bloccarsi nel torpore e affondare i colpi, rapaci, in accelerazioni rumorose come invasioni di biker in una cittadina di provincia americana. Vocalizzi nasali, carichi di malessere, andavano a costituire allora come adesso l’adornamento ideale al comparto strumentale. Wagner non ha modificato alcunché nel disegnare le linee vocali e ne esce intatto il fascino del suo timbro maledetto, che anche dal vivo sa tuttora ergersi a grande protagonista. Non vi sono fortunatamente da parte del vegliardo singer maldestri adattamenti agli spartiti originari, atti a mascherare difficoltà dovute all’età che avanza. Le cover presentano infine una notevole fedeltà esecutiva e il feeling arcano delle versioni originarie, i The Skull confermano di essere più Trouble dei Trouble stessi, situazione che non meraviglia affatto vista la piega più psichedelica della seconda fase di carriera dell’act capitanato da Bruce Franklin e Rick Wartell. La natura dell’operazione e il poco materiale a disposizione non consentono al prodotto una forte appetibilità, a esclusione dei die-hard fan dei Trouble e di Eric Wagner in particolare crediamo in pochi possano trovare grandi motivi di interesse in “The Skull”. Il quale ha più che altro la funzione di tenere desta l’attenzione sulla band, impegnata in diverse peregrinazioni europee fra primavera ed estate, quando anche alcuni dei maggiori festival open air saggeranno la caratura di questi stagionati – ma arzilli – doomster.