7.0
- Band: THE TANGENT
- Durata: 00:57:47
- Disponibile dal: 16/11/2009
- Etichetta:
- Inside Out
- Distributore: EMI
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“Down And Out In Paris And London” è la nuova fatica dei The Tangent, creatura progressive rock nata dalla mente dell’inglesino Andy Tillison e giunta oggi alla quinta pubblicazione. Molteplici sono stati gli stravolgimenti in seno alla band dalla sua nascita, su tutti l’ultima grande defezione, che ha visto l’abbandono degli ottimi svedesi Krister Jonsson e Jonas Reingold (The Flower Kings, Karmakanic). Ed ora Andy, tornato in Inghilterra dopo essersi dato alla macchia in Francia per un breve periodo, torna alla carica, attorniato da musicisti britannici, con un lavoro profondo, sofferto, e a tratti indecifrabile. Cinque pezzi, per un’ora complessiva di musica, che partendo dagli assunti di base del progressive rock si sviluppano seguendo percorsi inaspettati: più spazio alle emozioni e al cuore, e meno al raziocinio. Il nuovo corso della band sembra essere votato al racconto di storie, di immagini, badando in modo maniacale alla generazione di atmosfere evocative, come dimostra la bellissima “Where Are They Now?”, dotata di un appeal mostruoso e crescente ascolto dopo ascolto, o la metropolitana “Paroxetine – 20mg”, graziata da una serie di ottimi assoli. Ma è in occasione della stupenda “Perdu Dans Paris” che Tillison & Co. fanno il miracolo. Un pezzo riflessivo, il cui fascino è accresciuto dall’uso delle due lingue conosciute da Tillison (inglese e francese), intento a descrivere come in una stessa città possano convivere due mondi: la frenesia consumistica del giorno, e la disperazione notturna dei clochard che popolano la città. Andiamo avanti, e per un attimo rimaniamo spiazzati: incomprensibile è infatti la successiva “The Company Car”, inutilmente caotica e senza capo né coda, totalmente avulsa dall’atmosfera generale dell’album. Lo stesso non si può dire per la lunga ed articolata (anche nel titolo) “The Canterbury Sequence Volume 2, Ethanol That Nail”, ottimamente arrangiata e sufficientemente articolata, dotata di un affascinante sapore jazzy, mai troppo accentuato. Rispetto al ‘Volume 1’, presente in “The Music That Died Alone”, questo capitolo mostra una maturità guadagnata da Tillison con anni di esperienza e di sudore sullo strumento, come a chiudere un capitolo, per aprirne uno nuovo, più orientato alla musica e meno al virtuosismo stilistico. Nel complesso, ci sentiamo di consigliare “Down And Out In Paris And London” ai seguaci della band e a coloro i quali siano alla ricerca di qualche piccola emozione. Se solo alla voce ci fosse un cantante migliore del buon Tillison, il voto sarebbe un otto pieno, ma forse è chiedere davvero troppo…