7.5
- Band: THE WHITE BUFFALO
- Durata: 00:42:34
- Disponibile dal: 17/04/2020
- Etichetta:
- Spinefarm
- Distributore: Universal
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Un nuovo album di The White Buffalo è sempre qualcosa di emozionante: sarà la voce da bluesman in grado di attraversare il cuore, sarà l’accordatura farraginosa degli strumenti, sarà il ricordo polveroso della strada per Charming Town che essa porta con sè, ma i baritoni vibranti del barbuto musicista fanno venire i brividi anche stavolta.
Il nuovo “On The Widow’s Walk”, marchiato Snakefarm, presenta uno Jake Smith particolarmente riflessivo: gli undici brani mostrano uno sguardo più maturo e raccolto, con l’oceano e la nostalgia per chi è oltre la linea dell’orizzonte a sciabordare tra esse: così storie di cuori spezzati, di incubi impregnati di salsedine e immota contemplazione si incrociano con la voce possente della Natura a briglia sciolta e con i passi ansiosi, evocati dal titolo, delle donne di marinai e pescatori sopra i tetti delle proprie case. Quarantadue minuti perennemente in bilico tra suggestioni country e rock grezzo da autostrada, arricchiti da un tocco di ruvida sensibilità cantautoriale in grado di donare calore e potenza, oltre ad una buona dose di pelle d’oca: a differenza del precedente “Darkest Darks, Lightest Lights” forse un po’ sottototono, questo nuovo lavoro si mostra solido, carico di rinvigorita energia e tanto cuore. Il blues crepuscolare di “River of Love And Loss” corre sulle corde tese del violino e un fischiettare sommesso, le cadenzate “No History” e “Faster Than Fire” appaiono ispirate e coinvolgenti dal primo ascolto (vi sfidiamo a non tenere il ritmo con il piede durante l’ascolto), complice anche una affiatatissima Jelly Crew – costituita dal batterista Matt Lynott e dal bassista Christopher Hoffee, valori aggiunti delle esibizioni live – con la quale Jake ha registrato l’album in presa diretta. Ci sono anche i grandi anthem da cantare a squarciagola accompagnati da una chitarra (“Problem Solution”, l’elettrica “The Rapture”), c’è la ballatona da innamorati (“I Don’t Know A Thing About Love”, non una novella “Home Is In Your Arms”, ma comunque discreta); è però nei brani più lenti e drammatici che si vede la bravura di The White Buffalo: quelli in cui gli strumenti e la voce creano un’alchimia particolare, unica ed irresistibile, capace di sospendere la realtà e carica di tensione emotiva che farà volare più di un granello di sabbia negli occhi dell’ascoltatore. È l’alchimia che ha reso anni fa “Come Join The Murder” la chiosa perfetta della bellissima epopea (lunga sette intensissime stagioni) di “Sons of Anarchy”, è quell’ingrediente segreto che rende speciali i loro concerti e fa premere di nuovo il tasto ‘play’ una volta finito il disco. Così “Sycamore” e “Widow’s Walk”, in cui il piano conduce per mano la sezione ritmica e le parole bruciano di nostalgia, illuminano questo disco di una luce vivida e struggente, mostrandoci una forza artistica ben lungi dall’essere smorzata ma che anzi appare rafforzata dal passare del tempo.
Difficile rimanere impassibili.