THECODONTION – Supercontinent

Pubblicato il 19/06/2020 da
voto
7.0
  • Band: THECODONTION
  • Durata: 00:44:48
  • Disponibile dal: 26/06/2020
  • Etichetta:
  • I Voidhanger Records

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“No guitars, only death!”. Questo il conciso slogan atto a delineare cosa siano i Thecodontion. Efficace, non c’è che dire, perché riassume in quattro parole ciò che sta realmente alla base della loro musica, ovvero death metal senza chitarre. Se vi state chiedendo se tutto ciò sia possibile, il duo romano vi dà una spiegazione dettagliata di cosa significhi portare avanti un’idea simile, in modo credibile e innovativo. Ecco, mancano le chitarre. Di per sé, come insegna ad esempio una band come i Bell Witch, non è detto che se ne debba sentire per forza la mancanza. In questo caso, invece la si avverte. E non è comunque un problema. Se infatti i (pochi) gruppi metal che optano per l’assenza di tale strumento tendono in qualche maniera a colmare il vuoto, adottando un settaggio del basso (o di altro) e dell’effettistica che possa ‘tirare la coperta’ di ciò che rimane, perché non sorga un senso di vuoto troppo scomodo, i Thecodontion non fanno nulla di tutto questo. Il solo settore ritmico tiene in piedi l’impalcatura dei pezzi – ad eccezione della chitarra baritona in “Laurasia-Gondwana” – e lo fa ricorrendo a un registro di suoni che non distorce, né gonfia eccessivamente, il suono del basso, vero motore e centro focale dell’intero discorso.
Se ne sottolinea il suo carattere virtuoso e concreto, ricavandone linee ricche di enfasi, propulsione, impeto, spremendone un ventaglio emozionale che pochi hanno osato esprimere, almeno in contesti estremi come questo. I Thecodontion arrivavano da due pubblicazioni, il demo “Thecodontia” e l’EP “Jurassic”, incentrati su partiture ficcanti e urgenti, che dovevano esprimere tutto quanto c’era da dire in tempi ristretti. Per l’esordio su lunga distanza, lo scenario muta a favore di una composizione libera e navigante nella sperimentazione, abbandonata sovente a lunghi panegirici del basso, con un uso della voce parsimonioso e ben quattro strumentali ad intervallarsi ai brani cantati. L’effetto è quello di produrre una suggestiva continuità narrativa, già d’altronde suggerita dalle tematiche del disco, che guardano alla preistoria, all’epoca primordiale in cui tutte le terre erano unite in un unico, enorme, continente, quello che dà appunto il titolo al disco.
Vi è in effetti un’essenza primitiva nel suono del duo, cozzante a un’estrosità che fa continuamente divagare le composizioni tra la furia essenziale di un approccio old-school, e la voglia di comunicare il turbinio sensoriale, spesso cerebrale, contraddittorio, ansiogeno delle frange death metal moderne più malate. Se le tese melodie dipinte dal basso e i suoi momenti più intricati rimandano al miglior techno-death degli anni ’90, quelli della triade Atheist-Cynic-Death e alcune fragranze dei Pestilence di “Testimony Of The Ancients”, le scomposte accelerazioni e le fasi più spregevoli puntano verso il death metal canadese di Auroch, Mitochondrion e Antediluvian, quello australe dei Portal, oppure il catalogo più visionario e contorto della Iron Bonehead. La rabbia e l’istintività rimangono preponderanti rispetto a qualsiasi tipo di intellettualismo, i Thecodontion badano al sodo, non si perdono in elucubrazioni fini a se stesse, avendo sempre ben chiaro che il death metal è musica di aggressione e distruzione, tormento e flagellazione. Alla prova degli ascolti ripetuti, “Supercontinent” ci pare tuttavia soffrire dell’eccessiva asciuttezza del sound, che alla lunga va ad appiattire la resa dei pezzi, così che nella parte finale della tracklist si colga una certa ripetitività e un minore slancio. La centralità del basso fa sì che a volte quel che lo contorna sia un po’ spoglio e non dia il necessario sostegno allo strumento principale. Ci sono quindi alcuni dettagli da limare, per rendere più consistente e travolgente una proposta coraggiosa e già arrivata a un apprezzabile stadio di maturazione.

TRACKLIST

  1. Gyrosia
  2. Vaalbara
  3. Ur
  4. Kenorland
  5. Lerova
  6. Nuna
  7. Rodinia
  8. Tethys
  9. Laurasia-Gondwana
  10. Pangaea
  11. Panthalassa
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