6.5
- Band: THEM
- Durata: 00:47:02
- Disponibile dal: 28/10/2022
- Etichetta:
- Steamhammer Records
Spotify:
Apple Music:
Le produzioni del progetto Them ci sono piaciute pressoché tutte, soprattutto “Manor Of The Se7en Gables” e “Return To Hammersmoor” che, a parer nostro, non sono poi così lontani dalla possibilità di essere considerati dei mezzi capolavori con quella squisita commistione di heavy, thrash e power metal old-school a tinte horror, ispirato palesemente da figure come King Diamond e i nostrani Death SS, con in più numerosi dettagli a portarci alla mente gente del calibro di Blind Guardian, Manticora e persino Testament e quant’altro. Un cocktail squisito a base di tante diverse sfumature del metal classico, abbinato per l’appunto a quell’orrore vecchia scuola non facilissimo da trasporre in musica senza risultare trash o addirittura plasticoso, ma con cotanta qualità alle spalle sarebbe lecito aspettarsi un valido seguito con questo “Fear City”.
In effetti la iniziale “Flight Of The Concorde” è Them in tutto e per tutto, anche se si percepisce una maggiore presenza di elementi tipicamente power metal (sullo stile dei teutonici Brainstorm, per intenderci), a differenza di una successiva title-track dalla parvenza molto più vicina al thrash, escluso ovviamente il ritornello inquietante nel contempo orecchiabile; descrizione che utilizzeremmo anche per la seguente “Retro 54”, a metà tra un pezzo AOR e un brano del recente periodo degli Helloween.
Gli immancabili intermezzi a scopo narrativo fungono da pause tra le varie fasi dell’ascolto, e la seguente inizia per l’appunto con le tastiere predominanti di “Graffiti Park”, anch’essa fortemente ancorata alla deriva più power e melodica dei Them (forse persino troppo), e l’inizio lentissimo della successiva “191st Street” non aiuta ad accantonare quella fame di aggressività musicale, che viene solo parzialmente saziata dal prosieguo di un brano piacevole, ma ancora distante dall’apice. Discorso che vale anche sul versante sonoro, dato che si avverte una botta nelle viscere minore rispetto al fantastico lavoro precedente, in cui sussistono tuttora ben pochi difetti.
La suite “The Crossing Of Hellgate Bridge” parte con un intro lento per poi esplodere con fare collerico, per poi rallentare nuovamente ed adagiarsi su dei tempi medi, nonché su dei riff non particolarmente accattivanti, fortunatamente prima di una “Death On The Downtown Metro” che riporta tutto in una situazione in grado di rompere le barriere delle soluzioni thrash, anche grazie a dei blastbeat e un guitar work alla stregua di un pezzo black sanguinario e terapeutico per chi aspetta un po’ di sana grinta da svariati minuti.
Sono ben due gli intermezzi prima di “The Deconsecrated House Of Sin”, penultimo brano di una scaletta più diluita rispetto a quella del lavoro precedente, che fortunatamente in queste ultime fasi sembra aver impugnato nuovamente coltelli e magia nera, considerando il livello piuttosto alto di cattiveria trasmessa. Teoria non propriamente avvalorata dalla conclusiva “In the 11th Hour” che, considerando i tre minuti di durata, credevamo un pezzo conclusivo con tutti i crismi, anziché una sorta di outro dalle intenzioni non ben specificate.
Tirando le somme, i brani completi ed effettivi sono appena otto, malgrado la tracklist arrivi fino al numero quattordici, quantità che potrebbe essere vincente in determinati contesti più immediati, ma che in questo caso dà una parvenza confusa e incompiuta a un lavoro che ci lascia perplessi per più ragioni: sul versante strutturale ci sono degli evidenti problemi di ritmo, con troppi intermezzi a far risultare più corposa una scaletta cui sembrano mancare delle parti; e, a dirla tutta, la fase centrale non è minimamente all’altezza dei vagiti iniziali, né tantomeno di quelli finali. Inoltre, la scelta di isolare le fasi più aggressive che tanto ci avevano fatto godere in passato ha provocato più di qualche sbadiglio.
Non si tratta di un brutto album in quanto ci sono comunque dei bei pezzi, soprattutto all’inizio e verso la fine, e in generale anche nella loro veste più melodica i Them hanno comunque qualche colpo valido da sparare; ed è per questo che il voto supera la sufficienza. Tuttavia è innegabile che si tratti di una delle uscite a parer nostro più deludenti dell’anno, probabilmente anche per via delle nostre aspettative enormi, date dal punteggio altissimo da noi assegnato a quanto composto prima. Peccato, speriamo che si tratti solo di un mezzo inciampo, e non di una direzione definitiva.
