8.0
- Band: THEORY IN PRACTICE
- Durata: 00:47:37
- Disponibile dal: //2002
- Etichetta:
- Listenable Records
- Distributore: Audioglobe
Ecco qui finalmente il successore del fenomenale “The Armageddon Theories”. I Theory In Practice tornano sul mercato a distanza di un paio d’anni dalla loro ultima fatica e lo fanno alla grandissima, con un album a dir poco eccelso. Consideriamo la band svedese una delle più valide attualmente in circolazione e una delle poche davvero meritevoli di potersi fregiare del titolo di progressive death metal band, visto il connubio di influenze che da tempo propone. Questo nuovo “Colonizing The Sun” non ha fatto altro che rafforzare le nostre opinioni: progressive death metal è la definizione più appropriata per la musica della band, ora più che mai giunta alla piena maturazione e conscia dei propri mezzi, forte di una tecnica strumentale incredibile e di un’abilità in fase di songwriting tutt’altro che comune. Rispetto a quelli del suo predecessore i brani di “Colonizing The Sun” sono leggermente più melodici e diretti ma, attenzione, tutt’altro che di facile presa: continuano infatti ad essere presenti gli imprevedibili cambi di tempo tipici dei nostri, guidati da una sezione ritmica che lascia letteralmente a bocca aperta tanto è fantasiosa e, oseremmo dire, delirante. La band quindi, pur muovendosi su territori più melodici rispetto al passato, non ha perso un briciolo della sua complessità, tanto che vi ci vorranno diversi ascolti per assimilare del tutto questo notevole album. Il prog raffinato e un filino “sborone” degli Spiral Architect fa da base a velleità death ed extreme metal che chiamano in causa ora gli ultimi Death, ora i Gorguts, ora gli Atheist, senza dimenticare qualche accenno a quel filone svedese ultimamente molto in voga e che vede i Darkane tra i suoi principali alfieri. Vi è magari poca vera rabbia nel sound del gruppo, poco death metal in senso stretto, poco materiale per l’headbanging; tuttavia, l’ascolto procede rapido ed esaltante, grazie in primis alla perizia con cui il gruppo riesce a miscelare i vari elementi e a rendere le composizioni fluide. Gli unici appunti che sentiamo di fare riguardano la voce e le tastiere: per quanto riguarda le vocals, a nostro parere sarebbe perfetto se la band osasse di più anche sotto questo profilo, in quanto sono ancorate perennemente ad un growl che, a volte, risulta un po’ monotono. Delle clean vocals qua e là renderebbero i brani ancora più interessanti. Le tastiere invece, per come vengono utilizzate, le troviamo spesso del tutto inutili. Sovente le canzoni appaiono gia’ perfette di per se’ e la continua presenza di tastiere in sottofondo – le quali non si lanciano mai in assoli o, comunque, in interventi rilevanti – non aggiunge loro granchè. Comunque, a parte questi piccoli difetti, ci troviamo di fronte ad un album veramente intenso, da annoverare tra i migliori pubblicati nell’anno in corso e che consacra definitivamente i Theory In Practice come uno dei gruppi piu’ validi nel metal scandinavo. Non ignorateli, sarebbe un vero e proprio delitto.