6.0
- Band: THERION
- Durata: 00:53:20
- Disponibile dal: 28/10/2022
- Etichetta:
- Nuclear Blast
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I Therion hanno realizzato nel corso della loro carriera una discografia importante, nella quale spiccano diversi capolavori e che non ha certo bisogno di presentazioni. Dopo un’opera monumentale e complessa come “Beloved Antichrist”, il mastermind del gruppo, Christopher Johnsson, aveva manifestato il desiderio di realizzare un disco più semplice, con canzoni più dirette e immediate, che aveva portato così alla nascita di “Leviathan”. Deve essere stato molto soddisfatto Johnsson di quest’album, se ha poi deciso che diventerà il primo capitolo di una trilogia. In realtà non si tratta di un concept nè è previsto qualche particolare legame tra un disco e l’altro che non sia il titolo stesso dell’album, o forse proprio il fatto che le canzoni siano state scritte in maniera spontanea, slegate l’una dall’altra. In effetti, appare alquanto curioso a questo punto che si debba parlare di una trilogia: la band avrebbe potuto semplicemente pubblicare tre dischi diversi, ciascuno con il proprio titolo, a meno che Johnsson non abbia qualche altro progetto successivo che rappresenterebbe poi una svolta rispetto a questi tre “Leviathan”. C’è anche da dire che le sessioni potrebbero aver portato ad avere tanto materiale da decidere di poterci fare altri due dischi e, d’altronde, se avevamo il sospetto che per il primo capitolo fossero stati utilizzati out-take di album precedenti, di certo in questo caso è stato riciclato qualcosa di già registrato, specialmente da sessioni di batteria e per qualche riff.
Al di là di queste osservazioni, comunque, sta di fatto che questo recupero di materiale riadattato per l’occasione, unito a qualche idea nuova, proprio non ci entusiasma. In generale, effettivamente, quale che sia l’origine di questi brani, molto suona di già sentito, dalle parti ritmiche, ai riff, alle melodie. Solo con riguardo alle voci si nota magari qualche soluzione più ricercata, ma va precisato che sia con i cori che con le voci soliste siamo ben lontani dai risultati imponenti e dai cori magniloquenti che hanno contraddistinto tanti capolavori della band.
In linea di massima, su “Leviathan II” sembra prevalere un mood dark, con atmosfere quasi gothic; le sonorità, inoltre, non sono particolarmente dure, anzi molte canzoni risultano piuttosto suadenti e malinconiche, con le orchestrazioni ridotte al minimo. Peraltro, Johnsson insiste sull’idea di un album di hit: ebbene, se ancora qualche canzone nel disco precedente avrebbe pure potuto aspirare vagamente ad essere tale, non solo in questo lavoro non se ne ravvisano, ma ci sono almeno due-tre brani che potremmo considerare autentici filler.
Tra i brani più rappresentativi (proprio a volerseli far piacere, ma diciamo che si mettono in evidenza più che altro per delle azzeccate melodie), possiamo menzionare le tracce scelte come singoli, ovvero “Marijin Min Nar”, “Litany Of The Fallen” e “Pazuzu”: quest’ultima, proposta in doppia versione, vede la partecipazione di Erik Mårtensson (Eclipse, W.E.T., Nordic Union). A queste potremmo aggiungere poco altro, tipo “Aeon Of Maat” (anche questa in doppia versione), “Alchemy Of The Soul” e “Hades And Elysium”.
Tirando le somme, su “Leviathan II” c’è senz’altro l’impronta dei Therion nelle canzoni e già solo per questo potrebbe non dispiacere ai fan della band svedese, ma non è un lavoro particolarmente ispirato e latitano idee brillanti. Non ci entusiasma pertanto proprio per niente la notizia che dovrà uscire un altro disco di questo tipo: staremo a vedere, ma le aspettative, a questo punto, non possono certamente essere alte.