6.5
- Band: THERION
- Durata: 00:52:25
- Disponibile dal: 15/12/2023
- Etichetta:
- Napalm Records
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Come ampiamente preannunciato, arriva “Leviathan III”, terzo album di una trilogia più teorica che reale, nel senso che i tre dischi hanno in comune solo il fatto di ricomprendere brani slegati tra loro, senza che vi sia alcun concept alla base. Questa potrebbe essere la normalità per la stragrande maggioranza delle band, ma non bisogna dimenticare che quest’idea scaturisce dopo la pubblicazione da parte dei Therion di un lavoro monumentale e molto complesso come “Beloved Antichrist”.
In particolare, questo nuovo full-length si presenta alquanto eterogeneo: possiamo però rilevare come, rispetto ai primi due, non tutte le tracce siano necessariamente dirette e immediate, mentre invece, al contrario, riscontriamo una maggiore presenza anche di qualche brano più complesso.
Alcuni pezzi, per la verità, sembrano persino un po’ appesantire il lavoro, essendo piuttosto lunghi e caratterizzati da un incedere con ritmi molto lenti e cadenzati (quasi doom, ci verrebbe da dire), come “Twilight Of The Gods” e in qualche misura “Ayahuasca”. Decisamente meglio riuscite altre tracce come “Ruler Of Tamag” e “An Unsung Lament”, dove la band dimostra un maggior smalto compositivo, con una serie di soluzioni interessanti, in grado di combinare elementi rock, cinematografici, melodie accattivanti e belle parti corali.
La maggior parte degli altri brani sono invece più contenuti e decisamente più diretti, proponendo in un certo senso una sorta di riciclo di vari aspetti tipici del sound dei Therion, con un mood talvolta gothic/dark, voci liriche, cori imponenti e tanti riferimenti alla mitologia, perlopiù nordica, ma anche greca (“Baccanale”) o folkloristiche incursioni nella musica spagnola come nel caso di “Duende”, che sembra voler replicare, in un certo senso, l’esperimento di “El Primer Sol”, inclusa nel primo “Leviathan”. Alquanto ridotto, anche stavolta, il ruolo delle orchestrazioni: al posto di timbri di archi, fiati e, in genere, di strumenti tipicamente orchestrali, in molti casi ritroviamo le classiche tastiere o, talvolta, persino l’hammond (ben presente, ad esempio, nella già citata “Ayahuasca”).
A conti fatti, questo terzo disco forse è meno brillante rispetto al primo ma certamente ci sono alcune idee più fresche e interessanti che ce lo fanno preferire rispetto al secondo. Di certo, non riteniamo che rappresenti al meglio quelle che sono le potenzialità dei Therion, una band che in circa trentacinque anni di attività ci ha veramente incantati con tanti capolavori e con la sua capacità di creare musica di altissimo livello e che come poche ha saputo far convivere metal e musica classica.
Qui c’è certamente tanto del loro stile, c’è il loro marchio di fabbrica, ma è come se si ritrovassero tante tessere che poi unite non riescono a formare un mosaico con un disegno di senso compiuto: si intravedono sprazzi della loro grandezza, ma anche momenti che sembrano andare avanti per semplice inerzia.
Ad ogni modo, con la trilogia ora giunta al termine, siamo curiosi di vedere cosa partorirà la mente di Johnsson una volta accantonati questi tre “Leviathan” e, di conseguenza, quale potrà essere il futuro dei Therion.