8.0
- Band: ALL SHALL PERISH
- Durata: 00:53:19
- Disponibile dal: 26/07/2011
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Attenzione: gli All Shall Perish sono catalogati da molti nel filone deathcore, e in gran parte hanno capelli corti o indossano New Era. A questo punto la metà dei lettori avrà smesso di leggere, perdendosi, a causa dell’indistruttibile pregiudizio, una delle uscite più interessanti del metal strettamente contemporaneo. Certo la stessa band potrebbe risultare più appetibile agli oltranzisti mettendo il muso e inscenando il solito teatrino gore, ma a quanto pare non ce la fa a mettere in piazza il proprio sense of humor, che accompagna il gruppo dagli esordi (cercate “There Is No Business to Be Done On a Dead Planet” e vi apparirà un viral che associa gli ASP agli NSYNC) e continua ad accompagnare una formazione mai frenata da continui cambi di formazione. Proprio l’inserimento di Adam Pierce e Francesco Artusato potrebbe rappresentare un insperato jackpot per i ragazzotti di Oakland: il primo è un batterista da “Sick Drummer”, che offre una prova schiacciante ad ogni velocità lo si testi, riuscendo a risultare più incisivo del predecessore Matt Kuykendall senza scadere in una triste e triggeratissima sequenza di Pro Tools. Il secondo è innanzitutto italiano, sembra uscire dal nulla ma è uscito direttamente dalla Berklee College of Music, ed ha una voglia immensa di imporsi con una prova lodevole, in uno stile epico e tecnico che gli è valso l’interessa della Sumerian Records per un album interamente strumentale con la sua firma sopra. Interessante come il suo stile, inoltre, possa fondersi con la ritmica possente della 8 corde del compare Ben Orum, adatta a crepare i cymbals in un breakdown qualsiasi. Ma parliamo più concretamente dell’album. Il pregio di “This Is Where It Ends” è che procede sulla strada di “Awaken The Dreamers”, mischiando sapori con gusto e andando a impastare, oltre al death e all’hardcore, momenti di prog, groove, thrash, slam e tecnicismo puro. Non ci sono solo palm-muted, power chords, breakdown e fughe in doppia cassa insomma, gli All Shall Perish uniscono uno shredding esaltante alla fantasia, riuscendo a rimanere intensi, groovy, aggressivi e ad avere contemporaneamente un variegato senso della melodia, che sia in un arpeggio, in un assolo o nel chorus di “Procession Of Ashes”. Menzione particolare al vocalist Hernan Hermida, che abbandona i pig squeals per una prova multiforme e ricca di sfumature, che pur non abbandonando mai la sfera dell’estremo mantengono l’offerta molto dinamica e ricca di sfumature. Per chi scrive il loro miglior lavoro. Per gli altri, gli All Shall Perish sono per il deathcore quello che i Mastodon sono per lo sludge: fantasia, vibrante creatività, tecnica, gusto. Con in più le mani in faccia.