7.5
- Band: THORNHILL
- Durata: 00:46:20
- Disponibile dal: 03/06/2022
- Etichetta:
- UNFD
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Avete presente “Yesterday”, il fim di Danny Boyle in cui un cantante in difficoltà si sveglia in un mondo in cui nessuno tranne lui conosce le canzoni dei Beatles? Ecco sostituite i Beatles con i Deftones e Jack Malik (il protagonista del film) con i Thornhill ed avrete un’idea di come suona “Heroine”, secondo album per la band australiana dopo il successo di “The Dark Pool”. Non paga del plauso ricevuto per l’esordio, il quintetto di Melbourne ha deciso di puntare ancora più in alto con un concept ambizioso che a livello lirico guarda alla Hollywood degli anni ’90, mentre sul piano musicale come detto il mirino è puntato sulla Sacramento da dove provengono Chino Moreno e Stephen Carpenter, come ben dimostrato dall’opener “The Hellfire Club” (coincidenza o preveggente omaggio a Eddie Munson di Stranger Things?). L’influenza di “White Pony” marchia a fuoco le successive “Leather Wings” e “Blue Velvet”, ballad che beve all’idrante di “Change (In The House Of Flies”) aggiungendo qualche passaggio alla Chris Martin, mentre con “The Arkangel” il gioco si fa ancora più ambizioso chiamando in causa “Buffy L’Amazzavampiri” e i Muse, lasciandoci immaginare cosa potrebbe combinare Matthew Bellamy con una chitarra a sette corde. Per rimescolare un po’ le acque la parte centrale della tracklist si gioca la carta dell’elettronica con “Valentine”, cantata in falsetto su una base in stile “Saturday Night Wrist”, mentre “Casanova” tiene fede al suo nome mescolando James Bond e Smashing Pumpkins in salsa pop-djent. L’intermezzo strumentale “Something Came With The Rain” sembra più utile a poter piazzare il titolo da copertina, lanciando la volata ad “Hollywood” (aggiungere anche Abe Cunningham alla lista dei ‘credits virtuali’ insieme a Chino e Carpenter) prima di una finale su toni più intimi (“Varsity Hearts”, la title-track), dove le residue tracce di djent evaporano lasciando spazio ad un pop-rock dal retrogusto new-wave. Inutile girarci intorno: l’elefante nella stanza è bello grosso e, a differenza ad esempio dei Loathe, qui siamo al limite dello stalking; tuttavia è altresi vero che non è da tutti maneggiare queste influenze senza scottarsi, e sotto questo aspetto dobbiamo dire che i Thorhill dimostrano di aver imparato la lezione di Picasso (“i bravi artisti copiano, i geni rubano”). Falsari o ladri che siano, riconosciamo alla band di Melbourne la capacità di far parlare di sé: forse non sarà sufficiente per diventare i nuovi Bring Me The Horizon, ma di sicuro tra le nuove leve della florida scena australiana (e non solo) sono uno dei nomi più interessanti da tenere d’orecchio.