7.5
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Non si fermano, e presumiamo anche che mai si fermeranno. Continuano a vomitare fuori dischi a ritmi allarmanti queste due band, come se fossero entrambe in preda ad un prolasso creativo incontenibile. I The Body sono reduci freschi freschi da un album collaborativo fuori dalla grazia divina (in senso positivo ovviamente) con The Haxan Cloak, da un full length pauroso di recente pubblicazione e da un EP uscito nel 2o13, mentre i Thou hanno appena pubblicato un full altrettanto catastrofico e soffocante, si vocifera sia in arrivo un EP, ed ora arriva questa mostruosità qua, questo mastodonte putrefatto fatto di abissi di watt, ovvero un album collaborativo scritto a quattro mani (anzi a sette) da entrambe le band, e perfetta fusione e simbiosi tra i loro rispettivi sound. Ci sono tre chitarre in questo monolite di violenza, due batterie, un basso e una marea tempestosa di rumore e scorie noise capace di trivellare anche i timpani meglio corazzati. E sopra tutto questo oceano di downtuning imbestialito regnano sovrani il gracchio infernale di Chip King e il digrignare mortifero di Bryan Funk, entrambi autori di una performance vocale come sempre stellare e intenti spesso ad intrecciare le proprie rispettive ed iper-iconiche voci a creazione di paurosi dialoghi di sublime e catastrofica violenza e odio totale. Non siate sorpresi di alcunchè, le band non hanno assolutamente cercato di ottenere il surplus qualitativo, o di fare qualcosa di radicalmente diverso. Hanno semplicemente raccolto i loro lati più iconici e diretti, ovvero un riffing lento e pesante al limite dell’umanamente sopportabile, che vi cade sulle giunture come una portaerei sganciatavi addosso da un chilometro d’altezza, e li hanno fusi insieme in una addizione di violenza e pesantezza quasi impossibile da quantificare, che ha praticamente resettato il doom nel giro di una singola uscita, sbriciolando ogni record di tumefazione sonora mai tentato prima nel genere. Parliamo di un album che oltre che nei decibel andrebbe quantificato nei quintali e metricubi di pesantezza che è stato in grado di ereggere e spostare. In chiusura, una cover da pelle d’oca di “Coward” di Vic Chessnut, pauroso. Per la cronaca, dispobilile solo in vinile tramite la label vinyl-only Vinyl Rites.