7.5
- Band: THRONE
- Durata: 00:44.39
- Disponibile dal: 14/02/2025
- Etichetta:
- Dusktone
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Sono rimasti finora abbastanza nell’ombra, i parmensi Throne: in giro dal 2012, arrivano con “Ossarium” al terzo album, a poco più di sette anni da “Consecrates”. Giunti a questo punto della loro storia, hanno deciso di annerire e ammorbare il proprio suono in maniera totalizzante, non lasciando alcuno spazio alla luce, a un clima che non sia altro se non annichilente devastazione: fisica e interiore.
I Throne nel nuovo album ci vanno giù pesanti, con pochissimi calcoli e molto istinto. Denso, greve, oleoso, magmatico: “Ossarium” ha tutti gli attributi normalmente riferibili a un disco sludge, genere al quale appartengono fin dalle origini, con deviazioni misurate verso ciò che vi sta attorno. Uno sludge che, nel caso della formazione emiliana, non è appunto un ecosistema ‘puro’, ma contaminato a gradazioni variabili dal metal estremo. In quest’album ci si è fatti prendere la mano, andando a sovraccaricare i volumi, la distorsione, per restituire qualcosa di gigantesco e corrotto a chi ascolta.
Il disco è sludge per quanto sa di sporco, per come evoca una fangosità che si attacca dappertutto e non si lava via. I suoi malmostosi costrutti si declinano in una nera matassa che profuma tanto di death metal, nelle sue conformazioni più cupe e atroci: materia alla Incantation, o alla Krypts, Coffins, per una compattezza e un cromatismo che a rigorose ritmiche-macigno accompagna un riffing torbido, torvo e lavorato con cura per infondere un tono lugubre, che sappia di cattedrale in marcescenza.
“Ossarium” si slancia in un continuum espressivo inattaccabile, un violento fiume di rabbia ruminata a tempi medi e lenti, con sporadiche accelerazioni a dare ulteriore cattiveria all’insieme. Saliscendi vibranti, rade pause e un assalto vocale pressoché costante danno la sensazione di essere costantemente sotto scacco, intrappolati in una dimensione di angoscia e terrore alla quale è impossibile scappare.
Nonostante la caratterizzazione data ai singoli episodi, le sei tracce paiono costruite per colpire tutte assieme, in un’unica salmodiante catena di dolore e morte, come capitoli di un unico racconto di disfacimento e incalcolabile sofferenza. Proprio per questi motivi, il discorso musicale dei Throne è di quelli che potrebbe essere molto respingente o morbosamente attraente, a seconda delle proprie inclinazioni verso il metal estremo.
Non ci sono facili agganci, tentazioni buone per tutti i palati. Un album quindi ostile, orgogliosamente spigoloso e refrattario agli ascolti disimpegnati; al contrario, “Ossarium” è perfetto per un’esperienza immersiva, baciata da tutta una serie di pregi che ne contribuiscono al valore finale.
Innanzitutto, le interazioni di chitarre, assommando diverse influenze del metal estremo più nero ed espressivo, rifuggono il minimalismo di chi cerca di indurre paura alzando solamente i volumi al massimo, senza poi sapere bene cosa fare. Qui al contrario ci sono dinamismo, carattere, sfumature armoniche pregevoli e la capacità di fare male su più fronti, ora martellando senza pietà, ora prendendola larga e giocando con trame più avvolgenti. Ritmicamente, vi è sempre una specie di groove dondolante a scandire il tempo, a non far mai infiacchire una manovra che non cerca chissà quali divagazioni, eppure permane interessante e mordace anche su tempistiche piuttosto lunghe.
Riverberi e feedback, con misura, compiono un lavoro di complemento per non lasciare spazi vuoti, contribuendo a un clima asfittico, severamente orrorifico in alcuni casi. Per le capacità ‘offensive’, nel senso di saper travolgere e polverizzare l’ascoltatore, come di farlo entrare in un mondo sensoriale tremendo e devastato, i Throne sono credibili epigoni di realtà come Dragged Into Sunlight, Coffinworm, ma ci aggiungono una corposità tra death e doom più affine a una concezione tradizionale del metal estremo.
Quando si odono flebili melodie decadenti sullo sfondo, il gruppo aggiunge un piccolo tocco di fascino, come durante “Tortura” e “The All Father”: momenti leggermente più aperti – di poco, sia chiaro – che potrebbero contribuire a dare in futuro ulteriore slancio alla loro proposta. Per chi voglia un ascolto terrificante, per farsi schiacciare definitivamente da rabbia e dolore, “Ossarium” ha tutto quel che serve…