7.0
- Band: THY KINGDOM WILL BURN
- Durata: 00:48:59
- Disponibile dal: 17/01/2025
- Etichetta:
- Scarlet Records
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Mentre la folta comunità dei nostalgici Gothenburghiani è, giustamente, in fibrillazione per l’uscita del nuovo disco dei The Halo Effect – maestri del fan service rendendo omaggio al passato glorioso di In Flames e Dark Tranquillity – a distanza di pochi giorni vede la luce anche il nuovo capitolo dei finlandesi Thy Kingdom Will Burn, fieri portavoce del melodic death old school.
Ecco, a questo punto sarebbe bellissimo poter continuare la recensione presentando “The Loss And Redemption” come la nuova frontiera del genere tra tradizione e modernità… peccato che non sia esattamente così, per quanto va riconosciuto ai quattro di essersi stavolta spinti oltre in termini di varietà rispetto ai primi due lavori (l’omonimo del 2021 e “The Void And The Vengeance” dell’anno successivo).
La partenza, discreta, con “Perpetual Void” unisce il classico riffing di Gothenburg con le atmosfere tipiche della terra dei mille laghi sotto forma di orchestrazioni e arpeggi più delicati: potremmo definirla un outtake degli Insomnium, ma il buon gusto ritmico e la cura per gli arrangiamenti rendono questi sei minuti abbondanti un buon biglietto da visita. Se “Obscure Existence” sembra un tentativo riuscito a metà di salire sul carrozzone del mainstream metal – Amon Amarth ed Arch Enemy, per intenderci – con un biglietto di terza classe, al contrario “Martyrs Of The Killing Floor” e “Forever In The Dark” alzano il tiro ad altezza “The Gallery” e “Whoracle” grazie a punteggiature melodiche della chitarra solista e voci filtrate molto frideniane: il rischio di bruciarsi è elevatissimo, ma, pur senza sfiorare il livello degli originali, i quattro riescono a non peccare di lesa maestà, portando a casa il risultato.
La parentesi melodrammatica di “Escape From Solitude”, a metà tra “Projector” e gli Evergrey anche per l’ampio utilizzo della voce pulita, risulta un po’ fuori contesto, ma il disco riprende velocemente quota strizzando l’orecchio di nuovo agli Arch Enemy (“Suffering Sky”) e agli ultimi Dark Tranquillity più tastierosi (“They Have Come”), il tutto senza dimenticare la consueta dose di tupatupa (“Dreams Of Calamity”, con delle orchestrazioni a là Tuomas Holopainen forse eccessive) e la chiusura in chiave folk che richiama gli Amorphis (“Sydänyö”).
Il concept ambizioso dei Thy Kingdom Will Burn di fatto si traduce in un discreto bigino dei maestri melodic death vecchi e nuovi, ma per gli amanti di queste sonorità c’è comunque di che divertirsi.