9.0
- Band: THY SERPENT
- Durata: 00:48:07
- Disponibile dal: 30/09/1996
- Etichetta:
- Spinefarm
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Esattamente ventotto anni fa – nel giugno del 1996 – la band finlandese registrava questo piccolo capolavoro, rimasto pressoché sconosciuto al ‘grande pubblico’ del black metal mainstream quanto la restante discografia della band, breve e discontinua – dal 2000 è uscito pochissimo nuovo materiale – ma di altissimo livello qualitativo. Il gruppo nasce nel 1992 come progetto solista di Sami Tenetz, che registra due demo prima di coinvolgere altri musicisti, dedicandosi da lì in poi alle sole chitarre e al songwriting. Rispetto alle demotape (remixate e ristampate pochi anni fa) il salto di qualità è evidente, in primis per la resa sonora infinitamente migliore e poi per la qualità intrinseca del materiale. Infatti, benché le tracce proposte su “Frozen Memories” e “Into The Everlasting Fire” siano interessanti, soprattutto per l’utilizzo di synth e chitarra acustica, l’apporto di veri musicisti si rivela fondamentale per dare profondità e organicità alle composizioni. Anche visivamente la band abbandona i cliché – e gli eccessi – degli esordi: niente foto nella neve in corpsepaint, niente ragazze nude, cartucciere e candelabri; la copertina di “Forest Of Witchery” è uno scorcio di bosco preso dall’interno di una radura, una forte luce gialla e innaturale a far brillare di verde brillante le foglie, creando ombre nere sui tronchi. Colori acidi, colori di serpente, e nessun logo né il nome del disco a vista (scelta piuttosto coraggiosa per quegli anni).
È un lavoro compatto ma non monolitico: ciascuna delle sei lunghe tracce che lo compongono esprime una personalità propria, e tutte contribuiscono a creare l’atmosfera di oscuro romanticismo che permea il black metal dei Thy Serpent. Il mastermind Tenetz – che ritroveremo in seguito nei Beherit sotto il nome di Ancient Corpse Desekrator, e più di recente a supporto di Jaakko Lähde nelle date live di Goatmoon – sviluppa un’idea di black metal molto personale, lontana dalla furia cieca e dagli assalti frontali che hanno spesso caratterizzato la scuola scandinava di metà anni ‘90 come dal black prettamente sinfonico, anche se i primi Dimmu Borgir e Dismal Euphony sono per certi versi vicini alle sonorità e agli umori espressi dai ragazzi finlandesi. Del resto questo disco nasce in un’epoca di grande fermento artistico in ambito estremo, nella quale ciascuna formazione esprimeva un punto di vista nuovo rispetto al passato senza essere troppo condizionata nel proprio presente, anche a causa dell’isolamento geografico (o per meglio dire grazie ad esso), rotto prevalentemente dallo scambio di nastri e fanzine per corrispondenza, con incontri solo sporadici.
“Flowers Of Witchery Abloom” predispone immediatamente il mood sognante, epico e tenebroso che si respira durante l’intero ascolto, rivelandosi uno dei brani più rappresentativi. Le tastiere di Miika “Azhemin” Niemelä si sposano perfettamente con il resto dell’ordito sonoro senza sovrastarlo, a creare trame misteriose impreziosite dalla chitarra acustica. Un apripista malinconico, notturno, che dà un certo risalto anche alla linea del basso, elemento che troppo spesso passa in secondo piano nel black metal. Con “Of Darkness And Light” la velocità aumenta ma non a discapito della melodia: Sami inanella una serie di ottimi riff, ma l’aspetto fondamentale è dato dalla struttura ritmica ipnotica e assolutamente danzereccia, che per una manciata di secondi prende un delizioso percorso folk poco dopo la seconda metà del brano. “A Traveller Of Unknown Plains” è tra i brani più lunghi del lotto: ritmato, decisamente più complesso ed intricato del suo predecessore, permette al defunto drummer Juha Tapio Hintikka di emergere, non tanto grazie a tecnicismi ma perché – sarà per la velocità media decisamente lenta per gli standard del genere – suona anziché limitarsi a pestare. Il pezzo, coerentemente con il titolo, sembra espandere i confini e uscire dalla ‘foresta stregata’, offrendo un viaggio sfaccettato nel suono dei musicisti di Espoo, che continua nella successiva “Only Dust Moves…”, una sorta di ballad oscura e quasi psichedelica. Qui, come in tutto il disco, apprezziamo anche il lavoro dietro al microfono di Azhemin, che si destreggia tra scream e cantato pulito, aiutato dal bassista Luopio. Un pezzo estremamente sognante e romantico, che lascia il posto a “Like A Funereal Veil Of Melancholy”, l’altra ‘suite’ di oltre undici minuti che alterna velocità e atmosfera, black metal tout-court e momenti malinconici, il tutto in un mood squisitamente nordico. In chiusura troviamo una (bella) traccia dark ambient di sole tastiere, in quello stile al contempo austero e incantato che solo il dungeon synth degli anni ‘90 – quando la definizione non esisteva ancora – era in grado di evocare.
Su queste note spartane quanto piene di fascino si conclude un lavoro che merita di essere riscoperto e apprezzato, pietra miliare del black metal melodico finlandese, o meglio dell’anti-christian dark metal, come amavano definirsi loro stessi in virtù delle molte sfumature che caratterizzano il loro sound e delle tematiche affrontate – non immediate e soprattutto non sataniche – che ha influenzato, più o meno consapevolmente, diverse formazioni finlandesi di metal estremo negli anni a venire.