7.0
- Band: THYRFING
- Durata: 00:38:28
- Disponibile dal: 23/02/2004
- Etichetta:
- Karmageddon Media
- Distributore: Audioglobe
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Da quando la ex Hammerheart è diventata la Karmageddon Media non ha fatto che ristampare le vecchie release tanto che quasi la metà (o forse più) delle uscite targate Karmageddon sono delle ristampe e non delle nuove uscite discografiche. Un intento ovviamente commerciale ed evidentemente remunerativo, ma che spesso rimane una scelta di scarso valore. Più che altro si tratta di una seconda possibilità per i fan di aggiudicarsi alcuni cd che ora magari sono difficili da trovare. Le ristampe, ad esempio, sono sempre state delle buone soluzioni, ma far circolare di nuovo a distanza di pochi anni gli stessi album non è una decisione troppo saggia, anche perché non tutte le ristampe della Karmageddon sono dei veri e propri capolavori. Ma veniamo ora alla ri-recensione dell’album in questione, ovvero il debut dei Thyrfing targato 1998. Divenuti con il tempo uno dei gruppi più importanti della scena viking, gli svedesi Thyrfing hanno dimostrato le proprie qualità sin dall’inizio in questo debut omonimo, un lavoro di tutto rispetto: musica cadenzata, quasi mai impostata su tempi veloci, chitarre ritmiche che raramente di sforzano di intessere trame troppo complicate… qui i Thyrfing giocano tutto sui giri epici di tastiere, e riescono nel loro intento anche se i suoni usati sono sempre gli stessi. Un album compatto, con poche soluzioni, è vero, ma un esempio di come all’epoca si stava costruendo il genere viking metal insieme a band quali i Mithotyn, band affine. Se poi, a distanza di anni, continuano oggi a spuntar fuori band come Ensiferum, un grazie va anche ai Thyrfing, che per certi aspetti sono stati precursori di un certo tipo di viking metal, semplice ma molto epico. Sintesi dell’essenza Thyrfing potrebbe essere l’opener, molto bella, “Raven Eyes”, mentre la seguente “Vargavinter” si distingue per la sua aggressività e brevità ed è la dimostrazione di quanto siano importanti le tastiere in questa band. Per assaporare i capitoli meglio riusciti dell’album bisogna saltare a piè pari all’ultima parte del cd, dove incontriamo lo storico brano “Hednaland”, veramente monumentale, e i due piccoli gioielli della prima era Thyrfing: “Wotan’s Fire”, ma soprattutto “Going Berserk”, dal coro epico e maestoso. Le altre canzoni si assestano su un livello medio-discreto, anche se le parti veramente interessanti sono i ritornelli è la tastiera a farla da protagonista. A volte, specie nei brani cantati in inglese, il cantato sembra poco curato nelle metriche, sembra messo dentro la canzone giocoforza senza riuscire a dare quel quid in più che si richiede solitamente ad un cantato. Anche i giri di chitarra non sono esaltanti e spesso si riducono a semplici accordi, base preparatoria per il grande refrain di tastiere. Un album ben fatto, un debutto interessante per una band che ha saputo fare buone cose. Se avete perso questo cd, fatto di viking metal dalla testa ai piedi, allora questa è una buona opportunità per farlo vostro.